“Questo non è amore”. Il motto della campagna permanente di sensibilizzazione promossa dalla Polizia di Stato ha scandito i diversi momenti di riflessione programmati dalla Questura di Catania per celebrare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa mattina, nell’Aula delle Adunanze del Palazzo di Giustizia, la Polizia di Stato e l’Ordine […]
Pupi Avati, un grande del cinema italiano si confessa a Taobuk
Pubblicato il 15 Ottobre 2020
di Gian Maria Tesei
Un dinamico e fulgente classe 1938 che rappresenta ottimamente la cinematografia italiana, dignificato tra l’altro da tre David di Donatello ed un Nastro d’Argento, ha caratterizzato della sua brillante personalità Taobuk,ossia Pupi Avati (premiato con il Taobuk Award dal Prorettore vicario con delega anche alla Legalità, il prof. Giovanni Moschella) che definisce l’entusiasmo come qualcosa di contagioso e che si alimenta, ha aggiunto, non piangendo sulle cose non belle della propria vita ma pensando a quello che non si è fatto e che ancora si può fare.
Come fa lo stesso regista bolognese che tra i suoi progetti che spera di realizzare pone, da 17 anni, cosa per ora non accettata da alcun produttore, la sua voglia di realizzare un film sulla vita di Dante Alighieri, usufruendo del biografo più importante dello stesso fiorentino, ossia Boccaccio che ha ripercorso tutte le vicende del Sommo poeta e ci ha permesso di sapere il cognome della sua tanto amata Beatrice ossia Portinari.
Lo stesso director di “Regalo di Natale”(1986) ha discettato sul concetto di “scollinamento” relativamente alla vita, asserendo come per la cultura contadina la vita sia una collina su cui si sale all’inizio e si scende a partire dall’apice della collina stessa. Aggiungendo che in questo percorso vi sia qualcosa di incredibile e che durante esso si pensi di non essere compresi in una vita che è anche descrivibile come un’ellisse composta da quattro settori, che lo sceneggiatore italiano sapientemente illustra.
Il primo quarto è quello in cui ognuno immagina e pensa che tutto duri in eterno. Nel secondo quarto (magari quello in cui ci si sposa e si fanno figli) si rimodula il concetto di origine e si incomincia a rimuovere il concetto di eternità che lascia spazio alla consapevolezza che comunque vi sarà un tempo futuro che ci appartiene. Alla fine di questa porzione ellittica si approda alla cima della collina ed in tal modo Avati riannoda i due concetti di ”collina” ed “ellisse”, cosa che per Avati è accaduto leggendo un libro di Vargas Llosa( altro ospite del Taobuk). Il cineasta italiano infatti si era accorto di avere difficoltà a leggere da vicino ed aveva compreso come si fosse inaugurata la cerimonia di patteggiamento tra <<il fisico>>, non più pronto come prima, e <<l’io>> sempre voglioso d’essere vitale e protagonista, segnando il momento che è preludio al terzo quarto dell’ellisse, quello in cui non c’è più l’idea del futuro ma quella del ricordo ed in cui, inoltre, incomincia il dis-apprendimento.
V’è poi l’ultimo quarto dell’ellisse, quello più terribile ed affascinante, nel corso del quale alla nostalgia della giovinezza si sostituisce la nostalgia dell’infanzia che si associa ad una sensibilità che l’anziano ha in comune con il bambino, con la vulnerabilità a diventare l’elemento comune tra le due stagioni estreme della vita di un uomo, ossia la puerizia e la senilità, con la fragilità che per Avati, rappresenta qualcosa di estremamente emozionante e caratteristica fondante della raffinatezza dell’animo umano.
Ed in questo contesto per lo scrittore de “La Seconda Notte di Nozze”( in quanto Avati ha anche all’attivo ben 16 produzioni d’arte dello scrivere , dal 1991 al 2018) diventa importantissimo l’abbraccio, il cui forte desiderio avverte fortemente , tanto dal bramarlo anche da persone con le quali non ha un legame sentimentale forte e diretto ma al tempo stesso da fargli affermare come , essendo sposato da 54 anni e non avendo mai abbracciato la moglie e viceversa , di volerlo fare quanto prima e sempre più.
Avati ha avuto un grande rapporto di amicizia con il compianto grande cantautore Lucio Dalla (David di Donatello proprio a Taormina nel 1982 come miglior musicista e per la miglior musica di “Borotalco”), di cui, ha ammesso candidamente di aver invidiato fortemente il talento puro nell’uso del clarinetto, strumento suonato dallo stesso regista emiliano, perché era una dote spontanea frutto non di lavoro assiduo ma di vera predisposizione personale eletta naturalmente ad arte.
Avati ha inoltre aggiunto come la differenza tra passione e talento si avverta anche nella natura incredibile e creativa che contraddistingue quest’ultimo, rendendolo giusto e necessario per tutta la società che gode della sua bellezza e del suo incanto emozionale.
Il fratello del rimpianto Antonio ( sceneggiatore dalle grandi doti che ha collaborato per tantissimi anni con Giuseppe –“Pupi”) ha sostenuto come occorra credere nel fatto che i momenti che cambiano la vita dell’uomo siano legati all’irrazionale ed ai miracoli od avvenimenti comunque in grado di sconvolgere il normale corso della vita, come quello che egli stesso ha vissuto , quando colpito da “8½”, pellicola del grande Fellini del 1963, pur non ricordando per bene il titolo del film stesso , invitò i suoi amici , che rimasero poi estasiati, ad andare a vederlo per poi decidere di tentare quello che allora sembrava impossibile, ossia fare un film per uno come lui che vendeva bastoncini di pesce , tipo findus, e per i suoi stessi amici che facevano i mestieri più disparati.
E credere nell’impossibile ha trasformato l’impossibile nella realtà che ci ha regalato uno grande regista del cinema italiano ed un raffinato ed ironico pensatore a cui la senilità non ha sottratto visione e sensibilità umana ed artistica.
Lascia un commento