Quando c’erano i Socialisti


Pubblicato il 09 Luglio 2020

La storia del socialismo italiano è stata sempre costellata di divisioni, scissioni e conflitti che hanno animato e alimentato gli eventi di questo filone della politica del novecento. Ricordiamo in particolare nel dopoguerra una data l’1 gennaio 1947, che fu in cui nacque il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), per la posizione assunta da colui che sarà il futuro Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, che lasciò la casa madre socialista per raccogliere i socialisti riformisti e moderati, che si opposero al patto di alleanza stretto con Il Pci e che, invece, furono sempre ancorati ai valori della democrazia e della libertà all’interno dell’alleanza dell’Italia con gli Stati Uniti. Si accettò in tal modo da parte dei socialisti democratici l’idea di poter accedere agli aiuti e ai fondi che poi provennero dagli americani per la ricostruzione della Nazione distrutta e che anche grazie a tutto ciò l’Italia risalì la china sul piano morale e materiale.
Ma il socialismo italiano  si divise ancora prima nel 1922, quando il fascismo prese piede con la violenza squadristica e, in quell’occasione, Turati e Matteotti per frenare la marea montante e fronteggiare Mussolini pensarono a costruire un’alleanza con i partiti liberali borghese ma a seguito di queste posizioni furono espulsi. Il barbaro omicidio dei sicari fascisti di Giacomo Matteotti condusse alla guida del  Partito Socialista Unitario personaggi come Filippo Turati, Giuseppe Saragat, Claudio Treves e Carlo Rosselli, che rappresentarono comunque la storia più nobile del partito dei lavoratori italiani. I socialisti si riunificarono nel 1930, quando già Mussolini deteneva il potere da anni,  e  dopo il congresso XX, fecero nuovamente un partito unico,  in cui si stabilì la priorità della lotta al nazifascismo.
Purtroppo, i rapporti con il Partito Comunista d’Italia fu sempre difficile,tempestoso e impossibile poiché l’apparato clandestino fu letteralmente coartato da  Mosca  in un settarismo dogmatico, e, quindi, in Italia come in tutta Europa i comunisti tendevano ad assorbire, fagocitare e distruggere gli alleati socialisti come, peraltro, avvenne con eliminazioni fisiche in Spagna. Il modello sovietico eliminò i socialisti nella Russia bolscevica e,prima Lenie e poi Stalin, pretesero che altrettanto si facesse negli altri paesi europei.
Tutte le questioni rimasero insolute e nel 1946, quando il segretario del PSI Pietro Nenni stabilì la linea della Sinistra Unitaria, e, quindi, poi la costituzione del patto del fronte popolare  con il PCI di Palmiro Togliatti, saltarono nuovamente gli equilibri interni tra le varie componenti del socialismo italiano. Cosicché Giuseppe Saragat  si oppose a tale scelta di Nenni che   fu considerata nefasta,  in quanto in tal modo per il futuro presidente della repubblica si stava perdendo l’identità culturale e politica del socialismo italiano, affermando in tal modo l’egemonia comunista nella sinistra, e il socialismo italiano non poteva soccombere a queste logiche di annessione. Per Saragat il movimento socialista,  seppur con la presenza al proprio interno di una tendenza di tipo massimalista, non poteva e non doveva rinunciare ad affermare le idee della componente maggioritaria che difendeva i valori della democrazia e della libertà contro ogni tipo di dittatura.
 
I segnali del sorpasso del Pci nei confronti del Psi si ebbe alle elezioni amministrative del novembre 1946 accelerarono le decisioni della parte più moderata del partito che capì dell’urgenza di una svolta radicale in senso moderato sul versante del riformismo gradualista. Tornando all’11 gennaio 1947, presso Palazzo Barberini a Roma, si consumò la rottura tra i due leader socialisti, con Giuseppe Saragat che formò un nuovo soggetto politico democratico e riformista che poteva contare su ben 50 deputati tra cui diversi intellettuali.
 
Naturalmente a questa nuova formazione politica si rivolsero le attenzioni politiche di Alcide De Gasperi, leader della Democrazia Cristiana, per tentare una possibile alleanza contro i comunisti. Ormai giunse quasi al termine la breve stagione dell’alleanza tra i tre grandi partiti di massa, DC, PC, PSI ,che costruirono le prime maggioranze in chiave antifascista.
Iniziò, invece, dopo gli accordi di Yalta  tra  Stati Uniti, l’Urss e Gran Bretagna la divisione del mondo in grandi aree di influenza con rapporti sempre più tesi tra le super potenze vincitrici e da lì a poco iniziava la “guerra fredda” tra i paesi  che avevano vinto il conflitto mondiale. In questa divisione del mondo l’Italia fece parte del blocco del Paesi Occidentali con la condivisione di tutte le forze in campo poiché De Gasperi ottenne i massicci aiuti del Piano Marshall che consentirono all’Italia di rinascere dalle macerie. Cosicché, nel maggio del 1947, furono tagliati fuori dal governo i socialisti di Pietro Nenni e i comunisti di Palmiro Togliatti, mentre fecero parte del governo De Gasperi i social democratici di Saragat e i liberali.
 
Alle elezioni politiche del 18 aprile del 1948, i socialisti riformisti, che presero il nome di PSLI, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, assieme ad altri fuoriusciti socialisti, tra cui si distinse lo scrittore Ignazio Silone, prese il 7,1 % dei voti degli italiani e delle italiane alla camera, e il 4,2% al senato, mostrando di poter essere una valida alternativa alla sinistra radicale e massimalista, per i lavoratori italiani.
Rosario Sorace.

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