di iena marco pitrella
La storia di Raffaele Lombardo è storia della Sicilia, perché è storia che solo in Sicilia poteva accadere; che poi per me sia stata l’esperienza giornalistica più significativa perché significativa era la controversa vicenda giudiziaria, va da sé.
Al di là di ogni ragionevole dubbio, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio, ed era stata la cassazione, il 7 marzo scorso, a confermarne il verdetto, quella stessa cassazione che, è notizia di questi giorni, ha depositato 54 pagine di motivazioni.
Raffaele Lombardo è innocente, dunque.
Certo, “innocente” accostato a Raffaele Lombardo sembra stonare, il personaggio è quello che è, come se l’essere “innocente” sia una qualità dell’anima e non invece, come dovrebbe essere, un’estraneità rispetto alle accuse.
Era estraneità che andava sostenuta quindi, come io e pochi altri, Marco Benanti e dopo Antonio Coniglio e Sergio D’Elia, abbiamo fatto liberamente in questi anni.
Mentre c’era chi, persino tra i cosiddetti “lombardiani”, all’indomani dell’imputazione coatta, era il 29 marzo del 2012, s’era già voltato dall’altra parte, cambiando casacca; alcuni di questi, fra l’altro, Lombardo s’è li è andati nuovamente a “raccattare”.
Di che stupirsi? il personaggio, come detto, è quello che è …
E ancora, era estraneità che andava sostenuta, mentre c’era chi, esattamente due anni prima, era il 29 marzo del 2010, specie da una parte che è la mia parte, il Partito Democratico, all’indomani dell’indiscrezione apparsa su “Repubblica”, titolata “Lombardo sotto inchiesta a Catania, concorso esterno con la mafia”, ne chiedeva le dimissioni da presidente della Regione, al netto delle smentite del procuratore capo dell’epoca, Enzo D’Agata: questioni di doppia morale? può darsi, o forse perché proprio da Catania (e non solo) qualcuno non voleva l’accordo tra Lombardo e il Partito Democratico (ci tornerò presto sotto altro formato).
Intorno al 2010, infatti, la maggioranza di centrodestra era in crisi e si paventava l’ingresso appunto del partito democratico a sostegno di Lombardo, ingresso paventato soprattutto dall’area palermitana, e il particolare non è di poco conto.
Del resto, a suo tempo, è bastato a quella parte del PD contraria all’ingresso nel governo regionale, fare leva sulla criminalizzazione dell’avversario a prescindere, senza spazio alcuno per il ragionamento o per il dialogo.
Nonostante Carmelo Zuccaro, ora a capo della procura di Catania, e il reggente di allora, Michelangelo Patané, ne avessero chiesto l’archiviazione.
Articolo dopo articolo, c’era chi mi chiedeva, “perché difendi tanto Raffaele Lombardo?” non ho difeso Lombardo, ho studiato e seguito il suo processo, il che è diverso.
Quando ho cominciato a scriverne, sostenendo l’estraneità alle accuse, era stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi.
Non ci voleva coraggio, bastava solo fare quello che un giornalista, o cronista di giudiziaria che dir si voglia, ha il dovere di fare: leggere le carte e andare in udienza; serviva buon senso, quello stesso buon senso che troppo spesso se ne sta “nascosto per paura del senso comune”,
Non è un caso che alle udienze certa antimafia politica e certa antimafia giornalistica non si sia mai vista: è “l’antimafia dei pennacchi”, bellezza!
Correva l’anno 1989 quando un tale Giuseppe Pellegriti, “pentito” di Adrano, disse di sapere dell’omicidio di Piersanti Mattarella e disse di sapere dell’omicidio di Pio La Torre; infine disse di sapere del ruolo di Salvo Lima, l’uomo di Andreotti in Sicilia. Disse di sapere Pellegriti, ma per Falcone era inattendibile; addirittura contro di lui, il giudice, lo indagò per calunnia.
Se tanto mi dà tanto, una domanda va domandata: ma su quei pentiti, o presunti tali, che hanno accusato Lombardo, ma le cui accuse si sono rivelate “farlocche”, nessuna riflessione in proposito?
Fosse stato vivo, Leonardo Sciascia, autore del “Contesto”, si sarebbe divertito, intanto il finale era stato tutto scritto da me; da me che due mesi prima della definitiva pronuncia della Cassazione del 7 marzo scorso, ho ripreso la tessera del Partito Democratico.
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