Iena Reazionaria Marco Benanti

Per ora solo qualche segnale e qualche “voce”. Poco o nulla di concreto. Ma abbastanza per dare forma ai retroscenismi di qualche “addetto ai lavori”.

Ebbene sì, Giacomo Rota potrebbe scendere in campo, lasciarsi alle spalle l’esperienza sindacale e lanciarsi nell’agone politico. A suggerirlo sono anche i commenti, sempre più frequenti, che l’esponente della Cgil, va “seminando” su Facebook, rivendicando la propria appartenenza al Pd, proclamando senza prudenze la propria iscrizione ai dem.

“Sono iscritto al Pd”, ha fatto sapere qualche giorno fa in una delle tante discussioni che il segretario Cgil va intavolando su Facebook da qualche mese a questa parte. Ma sono i commenti di oggi, in risposta ad un post di Adele Palazzo, che hanno scatenato il dibattito tra gli osservatori più attenti. Ma andiamo ai fatti.

Palazzo polemizza con il segretario del Pd Nicola Zingaretti che, in un tweet contestatissimo, aveva esaltato affermando che Barbara D’Urso, con il suo programma televisivo ha portato la politica vicino alle persone.

Ma Rota non ci sta e togliendosi la giacchetta di segretario Cgil e indossando il mantello di militante Pd, corre in soccorso di Zingaretti: “Mah! Se giudicate Zingaretti solo da questo mi sembrate superficiali, io l’ho sostenuto al congresso e lo sosterrò al prossimo!”, tuona.

“Caro Giacomo Rota – ribatte la ex segretaria del circolo centro storico del Pd – tu che sei una persona di grande esperienza e spessore culturale, sai bene quanto possano nuocere i programmi televisivi della D’urso, soprattutto per chi non ha gli strumenti culturali per filtrarli. Non dimentichiamo che la D’urso ha sdoganato personaggi molto discutibili…A mio modestissimo avviso il segretario di un partito di sinistra, non si può permettere di fare un post del genere. Io lo trovo parecchio imbarazzante”. Ma non è tutto.

In mattinata, Rota, nel rivolgere pubblicamente gli auguri di buon compleanno a Francesco Marano, già “factotum” di Enzo Bianco, ha pubblicato una vecchia foto, risalente al 2016, che lo ritrae assieme ad Angelo Villari e alla moglie Concetta Raia, oltre che allo stesso Marano. “E’ il richiamo della foresta”, commenta ironicamente qualcuno. O forse è un modo per richiamare un’appartenenza e, perché no, rivendicare un ruolo da protagonista nella linea dinastico-elettorale del villarismo. Villari, è il ragionamento, rimarrà impantanato nelle sabbie mobili delle sue vicende giudiziarie. E Raia, elettoralmente parlando, potrebbe risultare “simpatica” come un brufolo sui glutei. E dunque, perché non giocarsi la carta Rota, magari alle prossime elezioni regionali, e raccogliere l’eredità elettorale del cosiddetto Pd-Cgil?

Del resto, a sostenerlo, ci sarebbero i cosiddetti Raia Boys, tutti “piazzati” all’interno del sindacato, e “pezzi da novanta” come Pino Mandrà da Grammichele, che può vantare esperienze come “portaborse” di Cesare Damiano e come organizzatore di correnti di partito, oltre che come “reporter” amatoriale. Tra l’altro, Rota la politica ce l’ha nel sangue da sempre, dicono i bene informati, già da quando faceva l’assessore al comune di Grammichele prima di “reinventarsi” sindacalista. In più, Rota non sarebbe affatto entusiasta della piega che la sua vicenda potrebbe prendere in Cgil alla scadenza del suo mandato. Non ci sarebbero, insomma, prospettive all’altezza della sua autostima. Né, tantomeno, lui le accetterebbe.

Qualche giorno fa, sempre su Facebook, commentando il processo al gerarca nazista Eichmann, e in particolare il libro “La banalità del male” di Hannah Arendt ha scritto: “Un libro bellissimo che pone questioni attualissime! Mi ha aiutato intellettualmente nello sviluppo dello spirito critico e nel pormi sempre domande prima di accettare ordini di qualsiasi tipo”.

Non è chiaro a quali “ordini” Rota si riferisca ma quel che è certo è che il segretario Cgil si interroga sempre prima di accettarli, salvo, verrebbe da dire, che a darli, gli ordini, non sia lui. In quel caso vanno accettati senza fiatare. Ordini, sia chiaro, del tutto legittimi, per cui non si rischia certo il processo di Norimberga. Segnali, commenti, indizi che lasciano trasparire l’insofferenza di Rota per come va l’andazzo. E che potrebbero prefigurare un suo impegno diretto nell’ambito politico: “Certo”, osserva qualche “compagno”, “sarebbe una grave perdita per il sindacato ma si proverà a sopravvivere lo stesso: del resto, la Cgil ha sopravvissuto al fascismo, al terrorismo, al renzismo, sopravviverà anche questa volta”. 

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