Sanità “pubblica”, Catania: chiude il “Santo Bambino”, disagi e lamentele


Pubblicato il 04 Marzo 2019

“Decreto Balduzzi” del 2017 cambia la sanità italiana. 

 Lella Battiato Majorana

Con il decreto “Balduzzi” del 2017, il  Ministero della Salute ha richiesto la riduzione delle unità ospedaliere complesse (UOC) emergenziali e dei punti nascita secondo la “previsione di rete”. L’Assessorato Regionale, dovendo quindi sopprimere 138 UOC, ha fissato il seguente crono-programma: 32 entro giugno 2019, 60 entro dicembre, 60 entro giugno 2020, individuati in base al numero minimo di prestazioni (per i punti nascita almeno 500 parti/anno), l’indice di occupazione dei posti letto, l’inadeguatezza dei locali.

In questa logica irrazionale del decreto 2017 viene introdotta la chiusura dell’ospedale “Santo Bambino”, punto cruciale e importante per la I Circoscrizione “Centro Storico”, nonostante abbia circa 2000 parti l’anno con un reparto di ginecologia, ostetricia e neonatologia di alto livello,  centro  di riferimento dove vengono portati in emergenza gravide e neonati dagli altri ospedali della Sicilia. Svolge inoltre importanti funzioni: ambulatorio, sportello ticket, raccolta donazione cordone ombelicale ambulatorio di ginecologia, uroginecologia, diagnosi prenatale e pronto soccorso.

I residenti si sono opposti in maniera importante alla chiusura, e annunziano numerose proteste se non ascolteranno le loro voci. La signora Rosaria Bonnici, insieme a un gruppo di rappresentanza ha già raccolto più di 300 firme, sottolinea “A Catania sembra una pura follia chiudere l’ospedale di maternità “Santo Bambino”, unico ospedale che serve una zona popolosa, disagiata e congestionata dal traffico automobilistico”.

Appare irrazionale fare scomparire dalla mappa ospedaliera l’unico ospedale rimasto ancora funzionante nella zona più centrale della città di Catania, per moltiplicare gli ospedali periferici.

In atto Catania dispone di tre grandi ospedali di maternità disposti attorno alla città: l’ospedale “Garibaldi nuovo” di Nesima (lato Ovest), Policlinico (lato Nord-Ovest) e l’ospedale “Cannizzaro” (lato Est).

Paradossalmente la volontà politica è quella di trasferire tutto il personale dei due reparti di Ostetricia e Ginecologia già operanti presso l’ospedale “Santo Bambino” (reparto universitario e reparto ospedaliero) all’ospedale “S. Marco” di Librino (lato Ovest della città) e fare niente di meno che un duplicato dell’ospedale di maternità del “Garibaldi Nesima” che è poco distante dall’istituendo S. Marco”.

“Nessuna attenzione funzionale nei confronti dei bisogni dei cittadini, continua Bonnici, che si troverebbero ad affrontare quotidianamente enormi disagi col rischio che le gravide partoriscano per strada prima di raggiungere la cattedrale nel deserto “S. Marco”.

Le lamentele raccolte tra la popolazione che vive nel centro continuano ad essere numerose e continue; i cittadini non si fermano e continuano la “raccolta firme” per bloccare tale trasferimento che comporterebbe solo problemi di gravità inaudita senza alcun vantaggio. Al centro della città rimarrebbe solo un pronto soccorso generale all’ospedale “Garibaldi” vecchio di Piazza S. Maria di Gesù peraltro privato del reparto di Maternità e Neonatologia. Poiché i politici hanno ritenuto opportuno mantenere tale pronto soccorso generale al centro della città, sarebbe logico, usando lo stesso criterio, mantenere un reparto materno infantile in prossimità dello stesso.

In questi giorni il presidente della I Circoscrizione “Centro Storico”, Paolo Fasanaro, ha tempestivamente indetto una riunione con i residenti presenti affrontando le problematiche scaturenti dalla chiusura dell’ospedale “Santo Bambino”, e si sta attivando ad affrontare l’argomento anche con l’assessore comunale alla Sanità Giuseppe Arcidiacono.

A tal uopo gli utenti presenti invocano l’intervento del Sindaco per evitare la chiusura dei reparti di maternità di un ospedale efficiente, nella speranza che si possa intervenire sul decreto ministeriale varato dal governo Monti d.l. 158/2012, successivamente convertito in legge, che recita “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più livello di tutela della salute, ed un riordino dell’assistenza territoriale. L’art. 1 sostiene assistenza primaria promuovendo l’integrazione con il sociale, anche con l’assistenza domiciliare e servizi ospedalieri, al fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico dei cittadini; purtroppo non ha tenuto conto delle necessità prioritarie degli utenti, ma ha messo in primo piano quelle delle aziende sanitarie. Sicuramente quando si approvò il testo, i tempi stretti non hanno permesso di apportare modifiche che avrebbero tenuto conto maggiormente di interessi ed esigenze dei cittadini.

Ci si appella all’assistenza territoriale in sinergia alla struttura di appartenenza, all’integrazione, alla prevenzione sociale.  Nonostante la normativa sia ingiusta e impietosa, essi non si fermeranno, e sono disposti a presentare le proprie ragioni al Governo di Palermo e a quello di Roma.


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