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Scandalo Iacp Catania: domani davanti al Gup
Pubblicato il 09 Novembre 2011
Lo scandalo dell’ignobile gestione dell’Iacp, Istituto Autonomo Case Popolari, di Catania, arriva ad un passo dal processo. Ma non è solo una questione giudiziaria, questo pezzo del “Caso Catania” è anche e soprattutto una questione politica, sociale, culturale, insomma un “capitolo” di vita amministrativa “marca liotru” che incredibilmente (anzi visto che siamo a Catania comprensibilmente) non ha previsto l’unica soluzione immaginabile in un Paese civile: la chiusura dell’Istituto e il risarcimento sociale per i danni causati alla legalità e alla collettività in decenni di malamministrazione. Quello di oggi è solo l’ultimo “capitolo” di una lunga storia di “horror amministrativo”.Domattina, davanti al giudice dell’udienza preliminare Francesca Cercone, saranno sul banco degli imputati il Direttore Generale dell’Iacp catanese, Santo Schilirò Rubino, il figlio di questi, Ettore Schilirò Rubino, altri tre dipendenti, Anna Tusa (oggi in pensione), Adele Fiorello, Giuseppe Caruso, insieme a sei beneficiari di case popolari, Orazio Sicali (anch’egli dipendente dell’Ente in questione), Nino Santoro, Carmelo Sicali, Agata Romeo, Carmela Bergamo e Gaetano Maravigna.Rispetto all’avviso di conclusione delle indagine, viene meno il capo d’imputazione “i”, un caso di presunto abuso d’ufficio, archiviato dal Pm, riguardante Santo Schilirò Rubino, Anna Tusa e Mario Tudisco.A sostenere l’accusa il pubblico ministero Andrea Bonomo che, nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, ha chiesto il rinvio a giudizio –a vario titolo- per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica.In sintesi risulta dalle indagini che dallo Iacp di Catania, diretto da Santo Schilirò Rubino, eludendo leggi e regolamenti, siano state assegnate illegittimamente case e botteghe anche a dipendenti e/o parenti degli stessi.Tale richiesta, come è noto, è stata preceduta dall’invio da parte della Procura della Repubblica di Catania di un rapporto alla Corte dei Conti di Palermo in cui si stima un danno erariale di oltre trenta milioni di euro (ma fonti qualificate indicano una cifra superiore) per una cattiva gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania. Che farà l’ente? Si costituirà parte civile? E cosa farà l’assessorato regionale ai Lavori pubblici che vigila sull’istituto?L’incarico di direttore di Schilirò Rubino, infatti, è scaduto ad ottobre: gli sarà rinnovato? Esiste un collegamento fra l’esito dell’udienza preliminare e la conferma al vertice dell’Istituto? Staremo a vedere.Dopo una complessa e lunga indagine della Guardia di Finanza, ora i vertici dell’Iacp sono chiamati a difendersi da accuse gravissime.Viene così confermato quanto già riscontrato dagli ispettori regionali nel 2009 circa la malagestione dell’Ente quasi completamente nelle mani del Dott. Schilirò, per lunghi periodi unico dirigente dell’istituto.Nella stessa relazione si parla di gestione anomala del protocollo “con inserimenti postumi di allegati”, di assegnazioni arbitrarie di alloggi, favori ai parenti, iniquità di trattamento nei confronti degli utenti e dei dipendenti, danni all’erario.I cittadini onesti e gli aspiranti assegnatari, deprivati dei loro legittimi diritti a causa delle pratiche illegali -evidenziate dal lavoro di investigatori e inquirenti- del dott. Schilirò e soci, si aspettano che l’Iacp, parte lesa rappresentata dal commissario, Ing. Antonio Leone, ricevuta la notifica dell’azione penale nei confronti del Direttore e degli altri dipendenti per reati odiosi commessi nello svolgimento dell’attività lavorativa e contrari ai fini istituzionali dell’ente, si costituisca parte civile.Trattandosi di reati direttamente attinenti al rapporto di lavoro, l’ing. Leone deve inoltre, senza indugio, fare i conti necessariamente con le leggi dello Stato che prevedono la sospensione cautelare in caso di procedimento penale a carico di dipendenti pubblici sospettati di gravi infedeltà, soprattutto se dirigenti.Alla luce degli ultimi fatti, il commissario Ing. Leone che farà? Eppure, ragioni per mandare a casa il Direttore ne aveva sin dal suo insediamento, nel settembre 2009, e nonostante ciò ha lasciato che il dott. Schilirò, dopo un licenziamento e una reintegra per vizi meramente formali, rimanesse ancora lì a dirigere a modo suo e a percepire emolumenti, comprese sostanziose indennità di risultato.iena benanti
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