La gestione dell’Iacp di Catania, di cui il nostro sito si occupa da tempo, vive nuove interessanti novità. A cominciare da quanto accade a Palazzo di Giustizia: qui, il 10 novembre scorso si è tenuta l’udienza davanti al Gup Francesca Cercone. L’inchiesta della Guardia di Finanza vede imputati, con una richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica di Catania, dirigenti, dipendenti dell’Iacp e beneficiari di case popolari.
Nella stessa udienza era presente l’avv. Tommaso Tamburino, che ha dichiarato di rappresentare lo Iacp, quale parte offesa. Preludio possibile ad una costituzione di parte civile? Lo vedremo in seguito, con gli sviluppi del procedimento. Comunque, sarebbe auspicabile. E’ paradossale e comunque gravissimo che l’Istituto, pur ritenendosi “parte offesa”, continui a tenere al suo posto il direttore generale imputato e tra gli autori del danno patito dall’Ente.
In udienza, è stato rilevato un difetto di notifica per alcuni imputati, tra cui Ettore Schilirò Rubino, figlio del direttore generale: per questo la loro posizione, che è connessa, è stata stralciata (assieme ad un altro imputato) e rinviata all’udienza del primo dicembre prossimo. Nel contempo, però, sono stati sentiti i difensori degli altri imputati che hanno chiesto il non luogo a procedere per i loro assistiti. Il primo dicembre prossimo la loro posizione sarà riunita a quella degli “stralciati” e poi si conoscerà la decisione del Gup sulla richiesta della Procura. E’ emerso, inoltre, nell’udienza che alcuni presunti reati, quelli più vecchi, sono a rischio prescrizione.
Ricordiamo ai lettori che, davanti al giudice dell’udienza preliminare Francesca Cercone, sono sul banco degli imputati il direttore generale dell’Iacp catanese, Santo Schilirò Rubino, il figlio di questi, Ettore Schilirò Rubino, altri quattro dipendenti, Anna Tusa (oggi in pensione), Adele Fiorello, Giuseppe Caruso, insieme a sei beneficiari di case popolari, Orazio Sicali (anch’egli dipendente dell’Ente in questione), Nino Santoro, Carmelo Sicali, Agata Romeo, Carmela Bergamo e Gaetano Maravigna.
A sostenere l’accusa il pubblico ministero Andrea Bonomo che, nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, ha chiesto il rinvio a giudizio –a vario titolo – per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica.In sintesi risulta dalle indagini che dallo Iacp di Catania, diretto da Santo Schilirò Rubino, eludendo leggi e regolamenti, siano state assegnate illegittimamente case e botteghe anche a dipendenti e/o parenti degli stessi.
Tale richiesta, come è noto, è stata preceduta dall’invio da parte della Procura della Repubblica di Catania di un rapporto alla Corte dei Conti di Palermo in cui si stima un danno erariale di oltre trenta milioni di euro (ma fonti qualificate indicano una cifra superiore) per una cattiva gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania.
L’incarico di direttore di Schilirò Rubino Santo è scaduto ad ottobre: gli è stato rinnovato tacitamente? Esiste un collegamento fra l’esito dell’udienza preliminare e la conferma al vertice dell’Istituto? Chissà.Intanto, dagli atti di un altro procedimento presso la Procura di Catania troviamo conferme contro l’inamovibile Schilirò. Una delle tante “pagine” dell’incredibile gestione dell’Iacp emerge dal decreto definitivo di archiviazione emesso di recente dal Gip Oscar Biondi, a seguito di denuncia del direttore generale dell’Istituto Santo Rubino Schilirò.
Denunciati – per abuso d’ufficio – l’ex commissario straordinario dell’Iacp Santino Cantarella ed i funzionari dell’Istituto Martino Patitucci e Santo Vasta. Al centro la vicenda del licenziamento di Schilirò Rubino, successivamente reintegrato dal giudice del lavoro, con una ordinanza, del settembre 2009, che ha suscitato più di una perplessità e basata sul rilievo della sussistenza di vizi meramente formali.
Ma perché il Pm ha chiesto l’archiviazione? “…In particolare – è scritto nel decreto di archiviazione – veniva ravvisato il difetto dell’elemento soggettivo del reato d’abuso d’ufficio in capo agli indagati i quali, a giudizio del Pm, avevano agito senza avere come obiettivo primario quello di cagionare un danno ingiusto allo Schilirò…”
Cos’era accaduto? Nel 2008, l’allora commissario straordinario Cantarella aveva invitato, con numerose note, il direttore generale Schilirò Rubino a fornire documenti e a relazionare in merito alla situazione amministrativa, contabile e finanziaria dell’Ente. Al mancato riscontro, il commissario dott. Cantarella aveva inviato varie lettere di sollecito e di richiamo nei confronti di Schilirò, nelle quali veniva inserita la frase: “…le modalità di adempimento della presente richiesta e dei relativi tempi sono valutabili anche ai sensi degli artt. 23 bis e 23 ter del contratto collettivo nazionale per la dirigenza degli enti pubblici(vedi tra le altre la lettera del 10/11/2008 prot. N. 17195)”.
E’ scritto nel decreto di archiviazione: “e ancora, con lettera del 9/12/2008 prot. N. 19699 indirizzata al Direttore Generale, il Cantarella si doleva del fatto che le sue richieste di documenti e informazioni erano rimaste inevase, sicchè, nel ricordare al Direttore Generale che ‘il permanere di un simile atteggiamento omissivo nei confronti delle richieste avanzate dal Commissario configura violazione degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa dirigenziale”, precisava che ‘le modalità di adempimento o di inadempimento delle istanze provenienti da codesta Direzione, nonché i relativi tempi di esecuzione, saranno valutati ai sensi degli art. 23, 23 bis, 23 ter e 27 del C.C.N.L. (contratto collettivo nazionale di lavoro, ndr) per la dirigenza degli enti pubblici e della normativa in ordine alla verifica dei risultati ed alla valutazione dei dirigenti”.
Si tratta di articoli che contemplano ipotesi che sottendono una responsabilità del dirigente: “…per cui – scrive il Gip Biondi – va respinta la tesi dell’opponente secondo cui dal tenore delle lettere non poteva desumersi l’effettiva instaurazione di un procedimento disciplinare, atteso che i numerosi solleciti fatti dal Commissario erano inequivocabilmente diretti a richiamare il Direttore generale al rispetto degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità in vista di una possibile valutazione negativa della condotta tenuta fino a quel momento.”
Continua il Gip Biondi: “la parte offesa, ritiene, inoltre, che le richieste effettuate dal Commissario avevano lo scopo di ridurre il Direttore generale a un semplice ‘segretario’, e per tali ragioni lamentava di aver subito un ‘demansionamento’ perché le numerose istanze di documentazioni e informazioni, la cui evasione non rientrava nei suoi compiti, di fatto si traduceva nella impossibilità di continuare a svolgere l’attività per il conseguimento degli obiettivi che gli erano stati assegnati.
Lo Schilirò, tuttavia, non prende nella dovuta considerazione, l’art. 48 comma 2 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi a norma del quale: “il Direttore generale riferisce correntemente al Presidente e al Consiglio di Amministrazione sull’attività svolta e in tutti i casi in cui venga richiesto o ritenuto opportuno”. Scrive il Giudice: “Il Cantarella, in qualità di Commissario ad acta e poi Commissario Straordinario dello Iacp di Catania, sostituiva l’organo amministrativo dell’Ente, ed in forza del decreto di nomina era stato incaricato di eseguire pagamenti di emolumenti al personale, di imposte e tasse nonché di sottoscrivere tutti quegli atti per i quali il procedimento amministrativo era giunto al termine e la cui mancata conclusione avrebbe portato nocumento all’Ente.
Le richieste di informazioni e documenti dallo stesso effettuate non potevano, quindi, essere considerate ‘proditorie e inutili’ o comunque dirette alla precostituzione di elementi da utilizzare per il licenziamento dello Schilirò, dal momento che il Cantarella, essendosi da poco insediato ai vertici di un Ente al quale è affidato il compito di conseguire fini di rilevante interesse collettivo (edilizia economica e popolare o comunque sovvenzionata dalla Regione) e la cui gestione risulta particolarmente complessa, era obbligato ad acquisire informazioni sulla situazione amministrativa, contabile e finanziaria dello Iacp per espletare al meglio il suo incarico e il suo diretto interlocutore non poteva che essere il Direttore Generale dell’istituto, cioè l’unico dirigente in servizio che, fra l’altro, ricopriva ad interim anche la carica di Dirigente dell’Area Contabile e dell’Area Amministrativa.”
Secondo Schilirò “Cantarella avrebbe condotto una gestione personalissima dell’Ente, superando i confini delle proprie competenze in tema di indirizzo politico ed invadendo quotidianamente il campo dell’attività di gestione”. Secondo il Gip questa affermazione non può essere condivisa “…visto che la nomina del suddetto indagato a Commissario dello Iacp era finalizzata proprio a compiere determinate attività di gestione che richiedevano un attento esame di tutta la documentazione relativa all’attività amministrativo-contabile dell’Ente.
A riprova della esclusione di un fine persecutorio che la parte offesa ravvisa negli atti di sospensione e licenziamento, vi è la puntuale e dettagliatissima elencazione degli addebiti a carico dello Schilirò contenuta nel verbale del 13/01/2009, ma, soprattutto, nella lettera di contestazione del 20/02/2009 prot. n. 2203 e nel verbale del 16/04/2009″.
Ebbene, “come ha sostenuto anche il Giudice del lavoro – continua il dott. Biondi – nella ordinanza dell’ 1/09/2009, dalla lettura dei suddetti atti emerge che la responsabilità dirigenziale può configurarsi per gli addebiti indicati ai punti otto e 10) del verbale del 16/04/2009, consistenti rispettivamente nella ‘reiterata violazione degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, inadempienti dei doveri di ufficio, assenza di qualsiasi attività di supporto e collaborazione all’organo di indirizzo politico’ e nella ‘violazione del dovere di astensione dal prendere parte a ingiustificate iniziative dei componenti del decaduto Cda e violazione del dovere di vigilare circa l’illegittimo utilizzo utilizzo della carta intestata e del protocollo dell’ente’, comportamenti questi che integrano l’inosservanza di direttive impartite dal Commissario straordinario”.
Il Gip ricorda, inoltre: la “formale richiesta di attività ispettiva che il Commissario straordinario ha inoltrato all’Assessorato Regionale LL.PP (lavori pubblici, ndr), con lettera del 13/11/2008 nella quale denunciava una serie di difficoltà di carattere organizzativo ed operativo, nonché una serie di gravi irregolarità nelle procedure deliberative adottate in passato. In particolare il Cantarella riferiva che ‘all’interno dell’Organo collegiale dell’Iacp, era invalsa la prassi di adottare atti attraverso il recepimento di pregressi provvedimenti della Direzione generale o del Presidente che richiamati per relationem costituivano il concreto contenuto dispositivo della deliberazione assunta’, per cui in assenza di tale documentazione – perché non gli veniva fornita dalla Direzione generale – risultava impossibile verificare la legittimità dei provvedimenti adottati.”
Il Gip riconosce la legittimità dell’agire di Cantarella: “l’aver investito della questione anche i vertici istituzionali della Regione, dimostra, ancora una volta, che l’operato del Commissario può definirsi non già arbitrario e illegittimo come se egli stesse ingaggiando ‘una guerra personale’ col Direttore generale, bensì coerente con l’espletamento dell’incarico conferito con il decreto di nomina e con il perseguimento del superiore interesse ad una corretta, regolare e trasparente gestione dello Iacp”.
Nel decreto di archiviazione c’è un passaggio preciso al riguardo della relazione degli ispettori regionali: “le conclusioni degli ispettori inviati dalla Regione –scrive il Gip- valgono ad escludere ulteriormente lo ‘spirito di ritorsione’, che secondo lo Schilirò avrebbe animato il Cantarella spingendolo a decretare il suo licenziamento. Più precisamente, nella relazione ispettiva essi concludono affermando che ‘il Dott. Schilirò Rubino Santo ha certamente violato ripetutamente i principi di trasparenza ed imparzialità che devono essere alla base dell’azione amministrativa pubblica.
In particolare il suddetto dirigente ha operato con assoluta discrezionalità esercitando il potere che gli deriva dalla carica che ricopre in modo da favorire alcuni dipendenti anche parenti e amici di famiglia a discapito di altri”. Di qui: “la naturale e logica conseguenza –scrive il Gip- di quanto accertato a carico dello Schilirò è il venir meno del rapporto fiduciario con l’organo amministrativo – Commissario Straordinario nel caso di specie -, circostanza che non può essere tralasciata visto che il conferimento di funzioni dirigenziali comporta l’investitura di poteri di natura pubblicistica nell’ottica del miglior perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente (Cass. Pen, Sez. VI, 02/04/2009, n. 19135).”
Quale abuso d’ufficio, allora? “Per tali ragioni, non si ritiene – è scritto nel decreto di archiviazione – configurabile nel caso che occupa il reato di abuso d’ufficio contestato al Cantarella sia perché i provvedimenti (sospensione e licenziamento) adottati dallo stesso, anche se viziati dal punto di vista procedurale come accertato in sede civile dal Giudice del lavoro, appaiono, comunque, fondati su contestazioni e addebiti concreti (accertati anche in sede ispettiva e conosciuti dallo Schilirò che ha avuto modo di presentare una dettagliata memoria difensiva il 9/03/2009) gravemente lesivi del rapporto di fiducia con l’amministrazione e non arbitrari, sia, soprattutto, per mancanza dell’elemento soggettivo, atteso che va escluso ogni intento persecutorio o di ritorsione diretto ad arrecare un danno ingiusto allo Schilirò nell’attività del Cantarella.
Questi, ricoprendo l’incarico di commissario straordinario dell’Iacp di Catania era tenuto a porre in essere tutte le attività oggetto del decreto di nomina e fra queste vi erano atti che richiedevano un’accurata valutazione della documentazione in possesso degli uffici dell’Ente e che il commissario ha dovuto più volte richiedere allo Schilirò, il quale, disattendendo come chiaramente emerge dagli atti, le istanze del Cantarella, ha creato un clima di forte tensione all’interno dell’Ente la cui attività veniva così bloccata con conseguente danno agli interessi della collettività.”
E per Vasta e Patitucci? “Ad analoga conclusione deve giungersi con riferimento alle posizioni del Patitucci e del Vasta, visto che gli stessi, in posizione subordinata rispetto al Cantarella, non potevano che osservare le direttive del Commissario straordinario per non incorrere essi stessi in responsabilità disciplinare e, quindi, le loro condotte risultavano del tutto ininfluenti sul piano causale in merito all’adozione del provvedimento finale. Da respingere è anche la tesi del conflitto d’interessi in cui si sarebbe venuto a trovare il Patitucci come componente dell’Ufficio disciplinare dal momento che questi era stato nominato dal Cantarella Direttore Generale f.f. dopo la sospensione dello Schilirò.
L’incarico conferito al Patitucci era, infatti, limitato nel tempo e in ogni caso la revoca di Schilirò non poteva avere come effetto automatico l’assunzione da parte di Patitucci come Direttore generale in servizio permanente, dovendosi all’uopo indire una selezione pubblica come prescritto dalla legge”.
Dalla lettura del provvedimento di archiviazione, appare evidente che il dott. Schilirò chiama “abuso” la semplice richiesta del rispetto delle norme del Regolamento dell’Ente. Niente di nuovo, basta rileggere il percorso lavorativo e di carriera del dott. Schilirò a partire dal suo ingresso all’Iacp come dattilografo, con provvedimento 142 del 28-06-1972, ad oggi, senza mai passare da un vero pubblico concorso, come vorrebbe la Costituzione Italiana: forse si è fatta strada in lui la convinzione che “abusa” chi gli chiede di rispettare le leggi dello Stato?
Alla luce di quanto affermato dal GIP Biondi e visti gli ultimi sviluppi, ci chiediamo se per l’attuale commissario dell’Ente, ing. Antonio Leone, può ancora sussistere quel “rapporto fiduciario” con il direttore Schilirò Rubino Santo, “visto che il conferimento di funzioni dirigenziali comporta l’investitura di poteri di natura pubblicistica nell’ottica del miglior perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente…”.
iena giudiziaria
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