Con una busta contenente un “preavviso di sfratto” per il Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Miccichè, Cateno De Luca ha oggi avviato il percorso che lo porterà ad essere il prossimo “Sindaco di Sicilia”, e accendendo simbolicamente una lanterna ha detto di “voler cercare uomini e donne che vogliono fare una scommessa per la Sicilia in questa marcia di liberazione della nostra regione.”
Nel corso dell’assemblea, che ha visto riuniti a Taormina numerosissimi amministratori locali provenienti da tutta la Sicilia, sono state affrontate tematiche importanti che avevano lo scopo di accendere i riflettori sulle mancanze e sui fallimenti dell’attuale Governo Regionale.
La seconda giornata dell’assemblea del movimento di Cateno De Luca
Si è aperta stamattina con il tavolo di lavoro sulla “Superfetazione amministrativa e sugli squilibri contabili della Regione” la seconda giornata dell’Assemblea degli amministratori locali di Sicilia Vera, il movimento fondato dal Sindaco di Messina Cateno De Luca e coordinato dal sindaco di Santa Teresa Riva e Deputato regionale Danilo Lo Giudice.
Il primo dibattito della giornata, moderata dal giornalista Manlio Viola, è stato aperto dalla relazione introduttiva di Gianni Polizzi, presidente di Promotergroup ha sottolineato un quadro drammatico legato ai tempi di attuazione della spesa (“in molti casi, fra emissione dei bandi di gara e l’emissione dei decreti attuativi di concessione dei finanziamenti, passano anni, persino quattro anni con l’impossibilità reale di rendere i progetti attuabili, soprattutto in alcuni settori chiave come quello agroalimentare”) ed ha ricordato come l’età media del personale regionale (59 anni, ndr) determina “al di là della buona volontà dei singoli, una carenza di conoscenze e competenze soprattutto digitali e telematiche, che si ripercuote su tempi e modalità del rapporto con le imprese.”
Antony Barbagallo, segretario regionale e deputato del PD, ha ricordato gli ultimi fallimenti dei “click day” e delle procedure per assegnare i fondi anche ai Comuni, “costretti ad una inutile e stupida competizione fra loro”.
“Siamo di fronte ad una Regione che non ha più credibilità – ha detto – che è talmente ingolfata e intrisa di tensioni fra Assessori e tensioni fra Giunta e burocrazia da essersi del tutto aggrovigliata su sé stessa, con costi gravissimi che cadono sugli enti locali, sulle imprese, sui cittadini.
Fino a qualche anno fa, la Regione era “mamma Regione”, considerata il baluardo di fronte alle difficoltà dei cittadini, delle imprese e degli enti locali, mentre oggi si è ribaltata la prospettiva: la Regione è divenuta nemica dell’isola. Dai rifiuti, alle manutenzioni, alla gestione degli appalti, alla programmazione della spesa, la Regione rallenta l’attività amministrativa, così come quella delle imprese.”
In quattro anni, il Governo Musumeci non è riuscito a fare una sola vera riforma nei settori strategici, dimenticando per esempio cultura e turismo, che andrebbero unificati in un unico assessorato in una terra che su questi due elementi può costituire un unico motore trainante per l’economia.”
Danilo Lo Giudice, nella doppia veste di Sindaco e deputato regionale ha sottolineato che oggi “non c’è più alcun dialogo fra Regione e Comuni, neanche nei momenti di grande difficoltà o emergenza né dialogo politico né burocratico”.
“I Sindaci vengono tenuti in considerazione da questo Governo regionale solo nel momento in cui la Regione cerca qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità.
Musumeci con chi parla? Se non parla con gli amministratori locali, non parla con i segretari di partito, non parla con il sindaco della terza città dell’isola, con chi parla il Presidente della Regione? Forse lo fa solo con chi accetta di essere suo “scendiletto” ma questo determina una situazione di assoluta crisi istituzionale che ricade sui sindaci che non hanno un interlocutore credibile, soprattutto quando le risorse vengono costantemente tagliate a danno dei servizi se non del funzionamento ordinario.”
Il Sindaco di Santa Teresa ha citato alcuni esempi concreti legati alla difficoltà che le scelte della Regione determinano per i Comuni: il taglio da un miliardo a 300 milioni dei fondi ordinari, la copertura delle spese con fondi extrabilancio regionale, che impongono complesse, lunghe e a volte retroattive rendicontazioni, l’insostenibile lunghezza dei tempi burocratici legati a progetti anche quando legati a sicurezza ed emergenza del territorio.”
“La politica regionale oggi impegna più tempo a collocare trombati e tromboni negli uffici di Gabinetto che non a governare e riorganizzare la macchina amministrativa e il personale, né tantomeno ad occuparsi dei problemi reali che ricadono sui cittadini, a partire per esempio dai rifiuti i cui costi di gestione lievitano, anche nei comuni virtuosi che hanno la differenziata al 70-80%, per l’inefficienza del Governo regionale che non individua gli impianti.”
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