Scuola: testimonianze di vita


Pubblicato il 04 Febbraio 2020

Desidero raccontare alcune vicende apparentemente minori del mio passato e che hanno inciso in profondità nella mia formazione umana. Riaffiorano alla memoria in questi giorni e riguardano la libertà di insegnamento contro la prepotenza di chi dirige le strutture scolastiche pensando che fossero(sono?) luoghi del pensiero unico laddove non si doveva, quindi, profanare il mito del conformismo e arrischiarsi a deviare dai programmi scolastici. In tal modo, si garantiva l’egemonia culturale dei conservatori, che certamente non amano l’acquisizione di coscienza critica e della dialettica sintesi del ragionamento. in qualche modo si arrivò a conseguenze simili quali quelle che erano descritte nel film “L’ attimo fuggente”, emozionante e vibrante pellicola, che vinse numerosi premi Oscar, interpretato da un straordinario Robin Williams nella veste del professore costretto a lasciare la scuola dopo alcune vicende anche drammatiche.

Mentre le storie che intendo narrare brevemente si svolsero nel mio liceo classico a Giarre, quando al ginnasio una vice preside contattò tutti i genitori per fare cambiare classe e istituto ai ragazzi poiché vi era un professore quale fu Santo Cali, morto prematuramente un anno dopo e reputato dalla critica letteraria uno dei più grandi poeti dialettali siciliani oltre che ritenuto un “rivoluzionario” per i metodi insegnamento fondati sull’arte socratica della maieutica e molto amico di Danilo Dolci, il sociologo triestino che si distinse a Partinico per le battaglie non violente in favore del riscatto della nostra terra. Erano anni di assemblee studentesche infuocate e il prof. Cali venne combattuto poiché intendeva introdurre oltre i programmi scolastici nuovi contenuti culturali, in una scuola ancora legata alla riforma di Giovanni Gentile.

Poi al liceo sulla stessa scia abbiamo avuto un professore dotato di ben tre lauree che fu perseguitato e boicottato perché insegnava in modo originale esplicitando la sua libertà di insegnamento e non contraddicendo le direttive ministeriali ma soltanto stimolando il ragionamento critico. Il preside di allora pensò bene di richiedere un’ispezione scolastica del provveditorato agli studi che verificasse e valutasse l’ ortodossia del docente.

La vicenda si svolse tra il 1975 e il 1976 ed io stavo per diplomarmi ed ero rappresentante al consiglio d’ istituto e di classe. In quell ‘occasione difesi strenuamente insieme a pochi compagni il nostro professore Giuseppe Spampinato quando fummo chiamati niente meno a testimoniare in presidenza sui contenuti delle lezioni tenute dal docente di italiano e ogni dichiarazione dei singoli studenti dei tre anni di liceo venne messa a verbale. Si mise in atto anche un ammutinamento istigato dall’ alto che consisteva nell’abbandonare la classe quando il nostro professore entrava per la lezione e così mostrare di non gradirlo come insegnante. Ma io insieme ad alcuni compagni non uscimmo e così abbiamo fronteggiato l’idea di disertare le lezioni che proveniva per farlo desistere e scoraggiarlo a esprimere liberamente le sue idee il suo modo di insegnare.

Tutto ciò si svolgeva con l’ assoluta indifferenza dei colleghi del docente chiamato in causa. Si raggiunse un livello grottesco e umiliante quando il preside di allora, entro in classe per sostituirsi al docente durante l’ ora di lezione. Anche in quel caso confutai la lezione di letteratura svolta dal capo dell’istituto con una critica dura per difendere, in tal modo implicitamente il professore che appariva assai contrito e con un sorriso pieno di sarcasmo naturalmente seduto dietro la cattedra e impotente di fronte alla sfrontata azione del preside che puntava a surrogarne la figura per delegittimarlo. Eppure, anni prima, un altro preside di altra pasta entrava alle sue lezioni magnifiche e affascinanti su Sant’Agostino e si sedeva tra i banchi per ascoltarlo incantato. Alla fine dell’ anno il nostro valido professore fu costretto ad andarsene via in una scuola a Roma mentre per me si apri un capitolo amaro che comporto anche il rischio di non essere ammesso agli esami di stato e di essere bocciato.

Ma ebbi un risarcimento morale e mi diplomai con 52/60. Resta questa brutta storia che dimostra come la libertà di pensare, di insegnare e di fare cultura è un pericolo sempre costante per chi si sente il detentore del potere e pensa di reprimere la coscienza morale di chi insegna e di chi apprende.

Rosario Sorace.


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