La sinistra politica negli anni della sua permanente opposizione ai governi centristi ha saputo giocare meglio di altri proprio questa battaglia e l’ha vinta riuscendo a monopolizzare alcuni importanti insediamenti culturali.
In fondo, si potrebbe dire, non è un caso se nei momenti difficili, quando le contraddizioni programmatiche emergono, a Sinistra si faccia ricorso ai tanti personaggi Rai (sì, l’azienda di Stato) per mettere assieme le preferenze che i politici non riescono a intercettare. Per chi lo ha già dimenticato, i casi di Badaloni e Marrazzo in Lazio, di Santoro, Gruber e Sassoli in Europa, ne sono la riprova più recente.
Ma se proviamo per un istante a lasciare il campo da argomenti noti, forse pure triti e ritriti, e proviamo a sondare il campo della destra politica, l’immagine che si pone di fronte ai nostri occhi è quella dell’apparente assenza di volontà da parte dei principali opinion maker di porsi a supporto del proprio universo politico. Proviamo a ragionarci assieme.
Da quando è nato il Pdl, partito voluto da Berlusconi e accettato di buon grado da Fini, è scomparsa in Italia la presenza di una forza politica organizzata di destra che potesse contare su numeri a due cifre. Certo, ci sono stati i generosi tentativi di quanti il campo non lo hanno voluto abbandonare e, talvolta, si è trattato di tentativi in salita, difficili a raggiungere mete in corse solitarie. Stessa sorte, guarda caso, è toccata anche alla Sinistra politica. La nascita del Pd, creatura prodiana affidata a Veltroni, ha portato alla costituzione di una lista, Sinistra Arcobaleno, che sulla carta doveva raggiungere quasi le due cifre di percentuale e che, invece, si è fermata a molto meno della soglia minima per essere presente in Parlamento.
Due strade gemelle e risultati nel 2008 anche abbastanza vicini (il 3% della lista di sinitra, il 2,5% della lista di destra presentata da Storace). Poi, ad un tratto, è successo qualcosa. La crisi del Pdl e la crisi del Pd, determinate da ragioni profonde, hanno portato ad effetti diversi. Nel primo caso la consunzione del consenso, le scissioni e la difficoltà, manifestata anche oggi, di trovare il senso di una nuova formula per rilanciare il blocco di centrodestra verso le sfide future. Nel secondo caso, quello della sinistra, si è riusciti, attorno a Vendola, a ricostruire una forza politica dotata di un progetto culturale e di una base sociale.
Quale la differenza? Chi governa vive difficoltà che non trova chi sta all’opposizione? No, la chiave di risposta sembra essere altra. E la risposta sta proprio nell’azione di supporto, nel momento in cui la politica annaspava, condotto dal variegato mondo culturale, artistico, televisivo e della grande stampa attorno alla necessità di rilanciare una sinistra, magari addolcita, ma sempre sinistra.
A destra, questo non è accaduto. Non ci sono stati Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco, Marco Tarchi o anche quello straordinario vignettista di Alfio Krancic a fare da stimolo per rilanciare la presenza di una destra nuova che non dimenticasse di essere erede di una destra antica. Certo, non pensavamo di vedere un confronto tra Krancic e Vauro o tra Piero Sansonetti e Marcello Veneziani. Però una voce in più per offrire una sponda magari poteva essere necessaria e ancora oggi lo è.
Si dirà che a destra pesano i troppi errori, che gli uomini di cultura di sinistra sono stati sostenuti e seguiti nella elaborazione e proposta di un percorso culturale per parlare al Paese; a destra c’è stata troppa sistemazione di vallette e poca voglia di riprendersi la primogenitura di grandi rivoluzioni culturali per parlare alla stragrande maggioranza degli italiani, che sono conservatori anche quando non lo vogliono ammettere.
E allora che questa nota e queste riflessioni possano suonare come un auspicio: ‘prìncipi’ della cultura di destra, fatevi sentire e scendete in campo; mai come adesso c’è bisogno di voi.
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