Ecco la presa di posizione, che arriva da sinistra….
“È caos negli asili nido comunali di Catania che chiuderanno il 30 novembre e non si sa ancora se e quando riapriranno. Tutto ha inizio con l’approvazione del Piano di Rientro finanziario (il documento che impegna il Comune a ripianare i debiti accumulati dalle amministrazioni Bianco-Scapagnini-Stancanelli) redatto dall’Amministrazione Stancanelli e nuovamente condiviso e approvato dalla primaverile Amministrazione guidata da Enzo Bianco. Il piano prevede che dal gennaio 2014 i 15 asili nido, che accolgono più di 500 bambine e bambini in larga parte concentrati in quartieri popolari, debbano chiudere. Nonostante questa certezza all’inizio dell’anno scolastico nessuna comunicazione ufficiale è stata inviata agli uffici preposti alle iscrizioni dei bambini. Così da settembre, nell’ordine l’Assessore Trojano, il Dott. Persico, la Dott.ssa Scalia e le impiegate degli uffici di via Fiorita, dove vengono inoltrate le richieste di iscrizione, hanno brancolato nel buio. A chi voleva iscrivere proprio figlio all’asilo nido veniva detto di attendere, di pazientare o -ma nessuno lo confermerà mai- di affidarsi a qualche asilo privato.
Fatto sta che da settembre nessuna nuova bambina è stata accolta negli asili nido comunali e a popolare le 15 strutture sono rimasti solo coloro che già erano iscritti l’anno scorso. Ma anche per loro il percorso è precario. Mamme e papà già sanno che l’asilo resterà aperto solo fino al 30 novembre del 2013, da dicembre tutti a casa. Tutto detto informalmente perché di scritto non c’è niente e per la burocrazia gli asili dovrebbero già essere in dismissione, in ossequio agli impegni del Piano di Rientro.
Ma ecco che finalmente il 15 ottobre 2013 l’amministrazione illustra alla stampa un piano di ristrutturazione del sistema degli asili nido. Un cambiamento radicale che produrrà la progressiva privatizzazione degli asili nido e la dequalificazione del servizio ai bambini. La salvezza degli asili, se così può essere definita, sancirà l’espulsione delle famiglie meno abbienti dal servizio. Resteranno asili, pubblici in parte, solo per ricchi.
Fino ad oggi è stato diverso. Una delibera del 2007 della Giunta municipale stabiliva, attraverso una tabella (qui consultabile), gli importi che le famiglie erano tenute a pagare per permettere ai bambini di frequentare gli asili. Il contributo mensile veniva maggiorato qualora il bambino frequentasse anche il pomeriggio. 56 diversi importi ad aumenti graduali dai 6198 euro di reddito annui fino ai 36500 euro, cifra oltre la quale scattava il massimale. Con tale tabella, attualmente in vigore, una famiglia con un reddito fino a 6198 euro lordi annui, 500 euro al mese, paga per l’asilo nido, dalle 7,30 alle 17,00, 24 euro al mese. Con un reddito di 1000 euro al mese si pagano 51,60 euro fino alle 13,30, 78 euro per l’intera giornata. Per un nucleo familiare con un reddito di 1500 euro mensili invece l’importo da pagare sale a 108 euro fino alle 17, mentre scende a 80,40 se il bambino esce dall’asilo alle 13,30. Il massimale scatta raggiunti i 36500 euro di reddito lordo annui, circa 3000 euro mensili. In questo caso si pagano 228 euro fino alle 13,30, 270 euro se si intende affidare il bambino all’asilo fino alle 17.
La normativa vigente inoltre prevede che siano gli educatori del Comune, formati e vincitori di concorso, a seguire i bambini dalle 7,30 alle 17,00 mentre alle cooperative private è affidato solo il servizio di pulizia e di mensa. Infine il rapporto tra educatori e bambini è di 1 a 10 nel caso di bambini autosufficienti, di 1 a 6 nel caso di lattanti.
Ecco come il piano di ristrutturazione previsto dalla Giunta Bianco stravolgerà il sistema.
Uno dei 15 asili verrà chiuso. Il rapporto bambini educatori crescerà a 1 a 10 senza distinzioni tra autosufficienti e lattanti, con gravissime conseguenze sulla possibilità materiale degli educatori di accudire efficientemente i bambini.
Si procederà all’esternalizzazione del servizio pomeridiano affidando a cooperative private anche la cura dei bambini dalle ore 13,30 alle 18,00 (si aumenterà di un’ora la durata dell’asilo), con una conseguente riduzione degli educatori comunali da 135 a 100.
Ma l’aspetto più pericoloso e drammatico annunciato dalla Giunta comunale sarà l’abolizione della tabella di contribuzione. Non si pagherà più l’asilo comunale sulla base del reddito ma vi sarà un contributo unico indifferenziato: 140 euro fino alle 13,30 e addirittura 250 euro per il tempo pieno fino alle 18,00. Chi, con un reddito di 500 euro mensili pagava 24 euro, con il piano di ristrutturazione proposto dalla Giunta Bianco si troverà a dover pagare 250 euro: 10 volte di più, metà dell’intero reddito familiare. Aumenti esorbitanti che coinvolgeranno tutti i redditi bassi, i nuclei familiari più bisognosi di asili nido pubblici. Beffardamente chi ha un reddito superiore ai 36500 euro annui vedrà ridursi il costo dell’asilo dai 270 euro pagati oggi ai 250 che dovrebbe pagare secondo quanto proposto dall’Amministrazione.
Con tale ristrutturazione del servizio saranno centinaia le famiglie che non si potranno più permettere di mandare i propri figli negli asili nido, tantissime le mamme e i papà che dovranno rinunciare ad andare al lavoro o dovranno affidarsi a privati più economici del pubblico, molti saranno i genitori che non accetteranno l’esternalizzazione dei servizi ai privati e che si rivolgeranno a strutture in cui viene garantita la continuità didattica tra la mattina e il pomeriggio: fiore all’occhiello degli asili comunali, demolita dall’eventuale ingresso delle cooperative private.
Una città senza asili nido pubblici è una città senz’anima, una città che fa in modo che i propri asili pubblici siano solo appannaggio dei più ricchi è una città indegna e crudele. Appare disdicevole che l’amministrazione comunale festeggi per un risultato tanto squallido e pericoloso ma ancor più grave è il plauso che i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL hanno rivolto a tale ristrutturazione che danneggia i bambini, i lavoratori e la città tutta. Sanno benissimo le organizzazioni sindacali quanto sia sbagliata l’esternalizzazione dei servizi pubblici a cooperative private, le quali producono lavoro precario, a basso costo e, spesso, dequalificato. Speriamo che l’entusiasmo dei sindacati non sia dovuto proprio a queste promesse di lavoro precario e sottopagato dell’amministrazione come confidiamo che i sindacati saranno pronti a vigilare su eventuali meccanismi clientelari che potrebbero innescarsi qualora davvero si arrivasse definitivamente alla scellerata decisione di esternalizzare i servizi.
Occorre subito ritirare il piano di ristrutturazione degli asili, ripristinare la tabella di contribuzione sulla base del reddito, bloccare qualsiasi tentativo di esternalizzazione e privatizzazione del servizio. Catania Bene Comune è pronta a dare battaglia. Questo piano di ristrutturazione degli asili non può passare. È in gioco il futuro e la dignità della città.
Catania Bene Comune”.
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