Sicilia…a fuoco, intervista ad Alfio Mannino (Flai Cgil): “il territorio è una risorsa, occorrono investimenti non tagli”


Pubblicato il 03 Luglio 2014

Nella Trinacria che brucia, si cercano soluzioni….

di iena incendiata

 

Gli incendi sono il primo nemico del nostro patrimonio boschivo. E se per appiccarli a volte basta un piromane solitario, a svilupparli è invece una catena di errori, ritardi e inadempienze. E di tagli. Ne abbiamo parlato con Alfio Mannino (nella foto), giovane leader della Flai Cgil catanese, le cui puntuali denunce non sono bastate a scongiurare la “settimana di fuoco” che alla fine di giugno ha devastato importanti porzioni di territorio. Tra questi la Pineta di Nicolosi, situata nel cuore del Parco dell’Etna.

 

Mannino, partiamo dai tagli….

E’ accaduto che su disposizione della Protezione Civile, il commissario Gabrielli ha ridotto del 50% il numero dei Canadair che possono intervenire sulla Sicilia. Esattamente il contrario di ciò che andava fatto, ossia potenziare il servizio antincendio. Se poi mettiamo che a causa dei ritardi nell’approvazione della Finanziaria regionale (approvata a giugno anziché a marzo), nei mesi di maggio e giugno non sono state effettuate le pulizie dei viali parafuoco, le conseguenze non potevano – ahinoi – che essere quelle che abbiamo visto. E poi con questi tagli non si risparmia ma si spende di più.

Cioè?
Facciamo un esempio: una volta le visite mediche ai lavoratori le effettuava direttamente l’azienda forestale. Quest’anno, per risparmiare, le visite sono state affidate all’Asp di Catania. Ma c’è un problema: l’Asp ha solo due medici competenti. E I forestali cui va fatta la visita sono 900 solo nel settore antincendio. Due medici per 900 persone significa ritardare l’avvio delle attività. L’asp, inoltre, a differenza dei medici privati cui ci si rivolgeva in passato, non è attrezzata, non ha i kit per il test tossicologico (ogni test costa 12,50 euro). Insomma non si risparmia un bel nulla ma in compenso si creano ritardi e confusioni. E infatti, la pulizia dei boschi che doveva partire a maggio-giugno partirà tra l’8 e il 10 luglio. A causa di queste procedure nessun lavoratore dell’antincendio è stato avviato in tempo, nonostante siano stati assunti. Il prezzo di queste inefficienze fatte in nome del risparmio, naturalmente, lo paga il nostro territorio. E c’è di più…

 

Cosa?
L’Etna è oggi patrimonio dell’Unesco: se noi trattiamo in questo modo il patrimonio dell’Unesco, se consideriamo spese da tagliare e non investimenti quelli fatti nel servizio forestale, non abbiamo capito nulla sulla gestione del territorio. Stiamo compromettendo un patrimonio dell’umanità per incuria e incomprensibili torsioni burocratiche. Peraltro, l’Unesco svolgerà verifiche periodiche sullo stato del territorio e sugli aspetti amministrativi e non è escluso che, a fronte di questi fenomeni, possa tornare sui suoi passi escludendo l’Etna dai siti patrimonio dell’Umanità.

 

Con quali ricadute in termini economici e di credibilità?
Basta fare due conti per capire che con queste logiche non si va da nessuna parte. In provincia di Catania l’attività antincendio e di pulitura dei boschi costa meno di 10 milioni di euro all’anno. In questa cifra sono compresi gli stipendi dei lavoratori. Solo il bosco della Pineta di Nicolosi andato in fiamme (parliamo di 3000-4000 ettari di territorio), richiederà dai 25 ai 30 milioni di euro per la sola ricostruzione del bosco. Per non parlare delle ricadute turistiche.

Eppure c’è chi sostiene che si spende tanto per il servizio forestale
Fuori dai luoghi comuni, quando si parla di costi occorre tenere presenti due dati: la Sicilia è tra le prime regioni italiane per rischio idro-geologico (la prima in alcune aree del messinese e del catanese), ed è la regione più esposta al rischio desertificazione. Dei 23.000 forestali siciliani, il 50% fa solo 78 giornate lavorative, altri 10.000 sono stagionali. In tutto solo poco più di 900 sono a tempo indeterminato, a Catania circa 180.

 

Pochi o tanti?

Esattamente quelli che servono ma andrebbero distribuiti meglio. Esempio: in Sicilia abbiamo tre parchi, decine di riserve e tuttavia non abbiamo guardaparchi perché i concorsi non sono mai stati banditi. E dunque se si facessero le dovute convenzioni si potrebbero destinare i forestali anche a questi servizi da cui oggi sono esclusi. O a servizi come la sentieristica che oggi vengono incomprensibilmente affidati a personale esterno come accade per esempio al parco dell’Etna ricorrendo a personale esterno. E sapete perché questi servizi non possono farli i lavoratori forestali? Perché i soggetti istituzionali non parlano tra loro. 

Quali sono le vostre proposte?
Superata la fase e la logica emergenziale, occorre dare certezza sull’approvazione delle perizie: a partire da quella relativa al periodo agosto-settembre. Questo consentirebbe di dare certezza di continuità operativa.  Sarebbe inaccettabile la sospensione del servizio ad inizio agosto. E poi, a partire da settembre, occorre programmare l’attività 2015 in due direzioni: la tutela e valorizzazione del patrimonio boschivo e la messa a reddito alcune attività di beni e servizi. Tutto questo è possibile solo con un piano forestale regionale organico e con il rispetto della tempistica: a marzo 2015 occorre avviare le attività di piantumazione degli alberi e di ricostruzione boschiva, a maggio la pulitura impegnando tutta la forza-lavoro. Tutto questo si può fare con gli attuali organici e senza spendere un euro in più. Esattamente come accaduto due anni fa con il risultato di avere il 60% degli incendi in meno rispetto a quelli che in queste settimane hanno devastato la Sicilia.

 


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