di iena sindacale
Cultura, innovazione, investimenti. Si potrebbe riassumere con queste tre parole la lunga chiacchierata con Giovanni Pistorio (nella foto), neo segretario della Fillea di Catania, la categoria dei lavoratori edili in cui Pistorio approda dopo un ricco percorso sindacale che, appena l’anno scorso, l’ha portato a gestire alcune delle vertenze chiave della nostra provincia, come quella contro la chiusura o il ridimensionamento dei teatri catanesi o come la battaglia dei lavoratori dei call center – di cui Pistorio è stato uno dei protagonisti – sfociata nella più grande manifestazione nazionale del settore lo scorso quattro giugno.
Ma a quelle tre parole ne va aggiunta un’altra: cambiamento. Che Pistorio adatta prima di tutto a se stesso e al suo lavoro sindacale: “Ho bisogno di stimoli sempre nuovi, di guardarmi attorno” dice. “Con curiosità. E i compagni con cui lavoro adesso alle Fillea, così come del resto gli operai edili, sono innanzitutto questo: curiosità e voglia di confrontarsi con gli altri e con il proprio patrimonio storico”.
Ecco appunto Giovanni, partiamo da qui. Può essere la nostra storia un valore aggiunto in sede di competizione globale?
Sì, il nostro patrimonio storico, le nostre tradizioni e i nostri saperi sociali, in un settore come quello dell’edilizia, possono fare la differenza, sono fattori competitivi: il prodotto, nel tempo della globalizzazione, sembra ovunque uguale ma le tecniche realizzative – e persino i materiali – risentono molto della cultura e della dimensione locale. Penso per esempio alla lavorazione e al restauro della pietra lavica o alla tecnica di costruzione dei tetti in paglia, alle tecniche di decorazione. E penso, poi, alla prima delle priorità…
Quale?
La riqualificazione dei centri storici. Darebbe lavoro a migliaia di persone, soprattutto gli over 50 – spesso espulsi dal mercato del lavoro – che sono portatori di saperi e esperienze che potrebbero anche trasferire alle giovani generazioni. Riqualificare i centri storici, renderli godibili e attrattivi, significherebbe anche rilanciare altri settori, come quello del turismo e della cultura. Ma per fare questo occorre innanzitutto un maggior e miglior coordinamento tra i tre assessorati regionali che agiscono su questo fronte: Beni culturali, Infrastrutture e Turismo. E poi occorrono investimenti sull’innovazione e sulle infrastrutture, materiali e immateriali, dalle reti ferroviarie e stradali alla banda larga, la vera grande scommessa e una grande opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani.
Quali ricadute avrebbe il nostro territorio dalla realizzazione della banda larga?
Realizzare la banda larga significa aumentare la velocità con cui viaggiano le informazioni, ossia 30 megabite contro i 7 attuali della città di Catania. Per capire quanto siamo indietro su questo versante, si pensi solo che in molti paesi europei (ma anche a Milano dove si sta completando il Metroweb) si sta già lavorando alla banda ultralarga, ossia 100 megabite di velocità. Ma realizzare la banda larga significa anche abbattere il digital divide, cambiare radicalmente il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, ridisegnare la geometria delle città a partire dal sistema della mobilità, ridurre la distanza tra “centro” e “periferia”, rendere più competitive le aziende.
E opportunità di lavoro?
Migliaia. E non solo nei lavori di posa e scavo ma anche in tutti gli altri settori, dai servizi al turismo. La buona notizia è che finalmente Infratel, la società che per conto del ministero dello Sviluppo economico si occupa di attivare gli investimenti per la banda larga, ha bandito la gara (vinta da Telecom) per iniziare i lavori anche da noi. E poi, dicevo, serve investire in infrastrutture materiali.
Quali?
Per esempio il completamento della metropolitana, il raddoppio ferroviario Catania-Messina e più in generale sull’ammodernamento della rete dei trasporti. E ancora sulla messa in sicurezza del territorio e delle scuole in particolare.
Ma sono sogni o c’è qualche possibilità reale?
Dipende dalla volontà politica di fare. E dalla capacità di utilizzare tutte le risorse previste, a partire dai fondi comunitari. Solo così si potrà dare respiro alla nostra città martoriata dalla disoccupazione. Solo nel nostro settore, dal 2008 ad oggi, si è perso il 50% dei posti di lavoro. Migliaia di famiglie cui oggi occorre ridare fiducia e prospettive. Perché forse la prima infrastruttura da ricostruire, nel nostro territorio, è quella sociale.
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