Sistema Catania: il Don, la Parrocchia come “Casa Sua”

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L’ appellativo DON che deriva dal latino Dominus, che significa padrone, nome da secoli utilizzato per indicare nobili del patriziato e del clero, ben si addice al reverendissimo della città bene di cui tanto si prende cura, fustigatore di un modesto cronista precario, costretto a rassegnare pubbliche riflessioni alle ingenerose gesta di condanna colpevole (in realtà reo confesso) di provocare il padrone. 

 

E proprio come un padrone “a casa sua” (cit. DON Resca) coi servi della gleba, il DON ha utilizzato il mio nome davanti alla sua claque (quella che magari si disturba per i migranti al semaforo e poi marcia contro il razzismo), per un giudizio che ha colto nel segno più di quanto fosse mia intenzione: “Cittainsieme da trenta anni è parte del sistema di potere a Catania”. 

https://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=9062 

Non avrei mai creduto scrivendo, tempo addietro,  tale “misfatto” di suscitare tanto livore, cinico risentimento di lor signori, accampati alla vigna del DON, ommini scicc e femmene mpettate che in  nome di una fasulla carità, in una deriva senza ritegno di ipocrisia, non si sono fatti scrupolo di dileggiare la mia modestissima persona, un viandante per loro indegno perché senza re né regno. Indegno persino di avere parola nel sottoscala di una parrocchia scarsamente democratica e forse per nulla cristiana.

Il nostro DON ha ritenuto necessario mettere in scena questo spettacolo, proprio mentre la città affonda nei debiti ancora stordita dalla propaganda da regimetto dell’ometto dei tanti fiori e delle infinite opere di bene, che piaceva ai benpensanti ed era detestato dai poveracci che a Catania sono larga maggioranza.

Non ricordavo più infatti, se non fosse stato per quanto mi ha dato da pensare quel triste episodio di cui ho scritto, che proprio a Cittainsieme, nel 1993, venne siglato il Patto per Catania, una vera e propria arca di Noè di transfughi con a capo un ex repubblicano, cioè del partito di Turi Grillo e Aristide Gunnella, presentato come un “manager” che qualche anno prima era stato eletto a sindaco dal consiglio comunale, tra gli applausi del Ministro socialista Salvo Andò(vedi sotto)

 

E come dimenticare la pregiudiziale antimassonica(sigh!) di un fratello contro l’altro (Arturo vs Enzo) campionario di ipocrisia su cui fondare una carriera del nostro piccolo eroe. La stagione della primavera senza dissenso, assessori e consiglieri espressione di quelle beatissime stanze di via Siena che a Palazzo degli Elefanti dettavano legge, come nei migliori regimi in nome di una presunta superiorità morale. E così la cosiddetta civile scodinzolante e appagata plaudiva, mentre il debito del comune cresceva e le feste stordivano ogni vento di contraddizione.

Nel frattempo, i morti ammazzati erano cento l’anno e Scidà gridava, voce isolata e inascoltata anche da Cittainsieme, denunciava i misfatti di una magistratura connivente che faceva spallucce all’affarismo consociativo dell’epoca e forse anche di oggi. Poi il Palazzo cambiò colore, vennero le pericolose destre e l’Arca di Noè che fino a ieri sembrava avere fatto miracoli, si spostò dall’altra parte della riva.

E che succede in questi casi? Si aziona a comando quel megafono che per tanti anni era rimasto spento, la magistratura “bene” si risveglia e Cittainsieme si riscopre città civile a colpi di assemblee, marce, comunicato infuocati e interviste a tutto campo. Un pezzo di potere evidentemente non gradito aveva “messo le mani sulla Città. Scapagnini assediato come fosse il mostro e quel galantuomo di Stancanelli persino additato dal DON di essere stato un alunno peggiore di Santapaola( è andata proprio così!). E poi tornò la Primavera, con il solito ometto a capo e la solita arca di Noè di cambiacasacca al seguito, soldataglia in cerca di un padroncino.

E che dire dell’eterno Saro D’Agata che per venti anni si era sgolato a Cittansieme e in consiglio comunale per denunziare questo e quello, subito arruolato nella giunta del progressismo d’antan? 

Naturalmente, per cinque anni, dal 2013 al 2018, calò il silenzio e lo stesso d’Agata (o una sua controfigura ?), ridotto a fare la comparsa di corte all’Enzo locale, in nome e per conto di Cittainsieme sintende.

E come dimenticare il silenzio della società civile di Cittainsieme, mentre i conti andavano del Comune andavano i rovina la magistratura contabile, non catanese, urlava che si stava andando a sbattere contro il dissesto?

E gli arresti dello staff del ducetto di Aidone e dell’assessore espressione di Cittainsieme. Muti. Tutti Muti. Ripensandoci in effetti non c’era sillogismo, come ha insinuato il Don interpretando malevolmente il mio pensiero, tra Cittainsieme con la sua elegante claque progressista e democratica, con Enzo Bianco e la sua ristrettissima cerchia di giovanotti e impresari mezzi falliti. 

Eppure vedendo quell’indegno spettacolo di via Siena a casa sua”, lunedì scorso ho ripensato che in effetti mi ero sbagliato perché non c’era sillogismo tra queste due parti . Vi ho ritrovato,infatti, piena identificazione. 

Una cosa sola, ho rivisto due ducetti, due magnifici DON, Enzo e Salvatore, senza alcuna differenza nei modi e nelle finalità. Uno che per affermare con infinita protervia la sua propaganda non esita a utilizzare l’avvocato del Comune per perseguitare i giornalisti e l’altro invece che i giornalisti li “manganella” in pubblico, deridendoli. In nome della legalità( fasulla) il primo, in nome della società civile(inesistente) l’altro. Entrambi fermi al pensiero stupendo dei costosi fasti di venti e più anni fa,

Con la tristissima differenza, che il primo in privato ha sempre snobbato il prete salesiano spogliato, ritenuto forse troppo popolano per fare parte della sua ristretta cerchia. E l’altro, DON Salvatore, sempre a inseguire affannosamente anche una modesta particina, in una recita fuori tempo e fuori spartito; un coro stonato che il padrone di via Siena saprebbe riconoscere quantomeno per l’affinità musicale, se non fosse per la sua cronica sudditanza verso i salotti buoni del sistema Catania.  

 

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Benanti

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