“Sistema Catania”: un libro sui “falchi”, la “città depredata”, le parole mancate, i silenzi dell’ “avvocatura democratica”


Pubblicato il 09 Giugno 2019

E’ stato interessante rivedere il video in versione integrale dell’incontro in cui è stato presentato il libro “i falchi nella Catania fuorilegge” di Giuseppe Vono, un ex “falco”.

https://www.facebook.com/AvvocatoLipera/videos/2078588882443355/UzpfSTE0NTQ4MzY1OTg6MTAyMTgzMDA4NjkyNjA1MTQ/

Sono da ascoltare fino il fondo gli interventi, gli scambi di complimenti, i ricordi, le parole di chi ha vissuto, in particolare, la Catania degli anni Settanta.

Chi è intervenuto ha fatto il “suo lavoro”. Egregiamente.

 

Peccato però che di quella stagione si siano dimenticati, nell’incontro, alcuni aspetti, magari meno gradevoli.

Avremmo voluto ascoltare qualcuno dire che quella città con i suoi delinquenti era stata depredata socialmente da “gruppi dirigenti” apparentemente diversi politicamente, ma spesso uniti nella gestione del Potere.

Avremmo voluto sentire qualche parola sulla deprivazione sociale, sulla disoccupazione di massa, sulla scuola negata, sulla povertà dei quartieri (se ne occupò persino la Rai nel 1975!), sulla “giustizia” spietata con i poveracci nella città militarmente occupata dalla mafia e che contemporaneamente deteneva un primato nazionale in tema di criminalità minorile (lo ha mantenuto per decenni).

Avremmo voluto sentire qualche “avvocato democratico” ( i liberali garantisti li lasciamo da parte, tanto non esistono nemmeno quando ci sono di mezzo i poveracci) ricordare i metodi da “repubblica sudamericana” utilizzati da chi portava una divisa o scorazzava su una moto per “spezzare le reni” ai delinquenti di strada: ma nessuna voce, ci pare proprio, si è levata. Del resto, l’antifascismo è riservato ad un certo periodo…chissà le elezioni sono lontane, adesso.

Avremmo voluto sentire i “maestri dell’antimafia”, quelli magari sono i 50 anni, dire due parole sulla violenza, sulle violenze di allora: una violenza istituzionalizzata, nella città che si inchinava davanti ai mafiosi e contemporaneamente voleva la pena di morte per gli scippatori. La città -come scriveva Pippo Fava- che voleva un poliziotto ad ogni angolo e mandava alle stelle il consenso al Msi. Oggi, quella città è sempre viva: vuole ordine, disciplina, una volta vota Pd, una volta Lega, basta che ci sia tranquillità.

Del resto, da tempo la legalità vista come rispetto formale della legge è patrimonio della cosiddetta sinistra, con il suo consenso da omaggio perenne alla magistratura organizzata. Tutte persone perbene, che non vivono pochi o nessun sussulto -più o meno morale- nel vedere la città messa col culo per terra da “gruppi dirigenti” che l’hanno fatta fallire , con conseguenze per decenni e decenni.

Non parliamo degli intellettuali, perchè non ce ne sono, i pochi rimasti in vita devono sopravvivere, li capiamo, comprendiamo il loro silenzio. Del resto, questa “democrazia antifascista” ti propone questo: il silenzio è d’oro per potere compare.

La Catania di oggi è una città ormai morta: non solo economicamente, è semplicemente, a nostro avviso, una realtà mostruosa per i livelli di incoscienza e di irresponsabilità di chi la abita. Per la cittadinanza c’è sempre tempo.

Nel 2015 scrivemmo due righe ad una delle pochissime anime elette di questa città, il Presidente Giambattista Scidà. Ne ricordiamo alcuni passaggi, in tutta la loro attualità:

…Catania da due anni vive l’ennesimo “bluff politico”, una “truffa politica” che ormai è sempre più difficile da nascondere. Anche per la “corte di cortigiani” e di “benpensanti sinistri” che la sorreggono da tempo.

E cosa accade in questa città “tradita” dai suoi intellettuali (ma dove sono?), insomma da chi dovrebbe, da chi HA il dovere di dire la verità, anche la più “scorretta” e non lo fa. Per calcolo, per viltà, per convenienza, per continuare un’esistenza piccolo borghese, rassicurante, all’insegna di una visione della vita “da supermercato” (“conviene il Dash o il Dixan?”), insomma all’insegna di una visione femminile della vita. Di virile, di autenticamente virile, non resta nulla.

E allora eccoli, loro, la “parte migliore della città”: prima con “Libera” –con il sindaco a braccetto- per l’ennesima “giornata antimafiosa” a fine marzo, poi eccoli di nuovo, pensosi e sorridenti, i “migliori”, per la “Fabbrica del Decoro”. Sempre con il sindaco, il loro sindaco (da cui magari pubblicamente hanno preso –a colpi di slogan- la distanze, ma con il quale restano legati più di quanto sembri).

Nel primo caso, sono arrivati sino al Tribunale dei Minorenni, dove tu per decenni hai lavorato e osservato la realtà della “depredazione sociale” di una comunità. Questi, caro Titta, sono così: delle brave persone, dei bravi borghesi, molto, molto attenti alle loro vite. Al loro privato, sotto la fumosa coltre del loro “impegno”. Davvero mirabile. 

Peccato (per loro) che dai vertici della magistratura catanese (quella “giustizia” che loro applaudono e che tu invece detestavi) solo qualche mese fa sono arrivate note(pag 89, capitolo sulla giustizia minorile, settore penale, relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Presidente della Corte d’Appello Alfio Scuto) di questo tipo:

 “anche per l’anno oggetto della presente relazione (1 luglio 2013-30 giugno 2014, ndr) deve essere rilevata una presenza della criminalità minorile catanese su livelli da primato nazionale, con conseguente necessità di una celere, significativa, puntuale risposta penale, tenuto conto anche della funzione educativa del processo.

Sul punto deve evidenziarsi che il dato di una lieve diminuzione, rispetto agli anni precedenti, del numero di minori arrestati non è indicativo di un miglioramento della condizione minorile del distretto, né tanto meno di una diminuzione del rischio di devianza dei minori o di appartenenza ai contesti di crminalità, anche organizzata, quanto piuttosto conseguente alle ridotte risorse del personale delle Forze dell’Ordine che, in tal modo, non possono fa fronte a tutte le emergenze del territorio.,

Il pericolo o l’aggregazione dei minorenni ad ambienti di criminalità sussiste per i fattori sopra evidenziati che rivelano una particolare vulnerabilità nel distretto della condizione minorile, su cui incide anche un contesto socio-economico medio basso e uno stato di grave disoccupazione.

La dispersione scolastica è sul territorio intorno al 35%, a fronte del 17% circa su tutto il territorio nazionale e, sul punto, si rileva anche il fatto che nei quartieri a rischio della città di Catania, se pure dotati di un’efficace ed impegnata scuola media, non sono previsti istituti di scuola superiore, così da costringere i ragazzi più volenterosi a frequentare le scuole situate in zone centrali.  In questo passaggio dal quartiere periferico al centro urbano si disperdono centinaia di potenziali alunni, anche per una difficoltà di integrazione sociale, sia di ordine culturale che economico…”.

Che dire? Questi della “parte migliore della città” glielo hanno detto al loro sindaco che i quartieri popolari sono abbandonati? Che l’iniziativa amministrativa è a zero? Che continuano a mancare spazi, strutture, possibilità di un vivere dignitoso? Che sarebbe ora, che sarebbe ora che il signor sindaco si adoperasse a fare qualcosa di serio e non solo comizi (come quello con cui inaugurò la sua campagna elettorale, Librino, piazza dell’Elefante, gennaio 2013)? In verità, ci sarebbe da dire che dai vertici della Procura della Repubblica si è detto più volte che l’emergenza a Catania è rappresentata dal furto di rame: davvero?”

buona domenica.

iena marco benanti.

 


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