di Marco Iacona
Gianna Fratta batte Catania. Il risultato non era in discussione. Partitura difficile per una città difficile, che riparte sempre da zero. Non diamo colpe a questo o a quello, costretta dalla propria inadeguatezza a faticare come un ciclista sulle Dolomiti. Inutilmente a me pare. Una città che brucia le esperienze senza serbarne memoria.
Il “cigno di palazzo Gravina Cruyllas” come il cigno fatto arrosto dei Carmina Burana. A piazza Università negli anni della mia giovinezza venne Lorin Maazel: Toscanini si mise tra lui e Dio traendone “buoni” risultati. Al Bellini fece il suo quasi debutto a ventisette anni, il signor Riccardo Muti. Lì ha cantato Renata Scotto e non pianse come Liù, Leo Nucci ha puritaneggiato tirando scoppole baritonali a destra e sinistra. Non erano più gli anni d’oro. Nel 2016 di fronte a palazzo San Giuliano, che fu di un ministro che ci portò in guerra, ospitante burocrazie sorde e grigie, la piazza rumorosa ricorda quella di un mercato settimanale. Quando visitai Forlì, «assai più bella» di Catania, assistetti a uno spettacolo in dialetto romagnolo. Non era la mia parlata, come il linguaggio musicale non è per la massa degli agatini.
La Fratta vince perché è gradevole ed elegante con un gesto da arte marziale popolare, chiude in crescendo dopo un inizio metronomico, consapevole che in una serata in emergenza è obbligo “istituzionale” salvare il salvabile. I catanesi puttaneggiano al cellulare, incuranti – direbbe l’Alex di Kubrick – dei grandi guai del mondo. Quattro ore prima l’organo di piazza Duomo aveva salutato le sfortune di Adele Puglisi, donna-coraggio.
C’ero: erano accorsi in massa. Non sanno di musica i catanesi, non seguono, non s’informano, non ascoltano. Disturbano coi loro applausi da intervenuti alla “Corrida” di Corrado. Ma sono ugualmente tutti lì. E di teatro-teatro? Il peggio lo danno i finto-colti che pubblicano pagine su pagine magnificando le “tradizioni” di un recinto di pietre nere. E che affondino e smettano di recitare per la morte del “Musco”.
Vada per l’organizzazione che meglio di così non recita le proprie angosce – sovrintendente e direttore artistico in veste operaia a sorvegliare il traffico – d’accordo per un settore vip con pochi vip e smontanti dal servizio-mare, vada per un’isteria acchiappaturisti per cui o sei forestiero o sei cretino, vada per il contemporaneo annunciato concerto dell'”Istituto Musicale Vincenzo Bellini” – i giovani non si umiliano – vada per le transenne trascinate qui e lì per far transitare i disabili, vada perché siete catanesi e a quelli come voi devono raccontare che siete i “migliori al mondo” anche se il capo della procura dice che annegate nella mafia e avete una squadra di calcio da triangolare “uomini-donne-trans”, vada per quello che vi pare, ma per chi si firma rimanete un castigo della democrazia. Avete ospitato Stravinsky ma siete alle aste e alle “o” col bicchiere. La Fratta era Messi, anzi Zidane, voi siete Zaza e Pellè. Di musica non saprete granché ma di scommesse e chiacchiere siete il Brasile del 1970.
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