Spettacoli e Cultura, Catania, “Stabile”: chi nomina chi?


Pubblicato il 15 Febbraio 2016

di T.

Finalmente qualcuno, ai piani alti della città, si sta occupando delle sorti del glorioso Teatro Stabile di Catania, per anni uno dei maggiori poli di attrazione culturale etnei.

Nato Ente Teatro di Sicilia nel 1958 (soci fondatori gli attori Turi Ferro e Michele Abruzzo, il notaio Tanino Musumeci e Mario Giusti che ne sarà il Direttore Artistico per trent’anni), Stabile dal 1962 (il primo a sud di Roma), per anni record di abbonamenti e repliche in Italia.

Quando il PLI tornò in Amministrazione a Catania, chi scrive suggerì all’avv. Guerrera di far fare consigliere del Teatro un esponente liberale, la risposta fu: preferisco la Camera di Commercio. Oggi è il Consiglio Comunale a dire: lo Stabile è della città, non del sindaco né della politica.

Già la politica, per la quale l’ente è uno stipendificio per clientes e famigli a spese pubbliche; la politica scoscienziata che ha ridotto il Paese e la città nelle miserande condizioni che sono sotto gli occhi di tutti.

Dopo il miracolo Giusti che ha tracciato il tratto ascendente della parabola del Teatro, i successivi direttori artistici (Pippo Baudo, Filippo Amoroso, Orazio Torrisi) non hanno saputo mantenere il livello raggiunto; l’ultimo ha dilapidato e disperso il massimo patrimonio del Teatro: il suo pubblico.

La perdita di abbonati non è figlia della crisi economica: le sale che ospitano le altre stagioni a Catania, alcune ben più ampie della sala “Verga”, sono sempre piene. Come la mettiamo?

Che dire della singolare bulimia spettacolare che ha colpito lo Stabile da qualche stagione? Nelle due sale (“Verga” e “Musco”, una volta erano tre) si tengono spettacoli una botta e via (due tre giorni al massimo). Si capisce che è importante la qualità piuttosto che la quantità? Si capisce che vengo da te “accontentandomi” dello sbigliettamento perché sei il teatro con il massimo numero di abbonati d’Italia, se non lo sei più mi rifili un bidone?

Non è peregrina l’idea di fare una gara per titoli, di rimediare alle recenti scelte culturali e gestionali opportunistiche stile i tre della vaneddazza (sputo, piscio e cacazza… con rispetto parlando): il pubblico l’ha capito e si è sentito dileggiato.

Ora circola un nome; che si metta in gioco e si confronti, vinca il migliore! Un direttore artistico deve avere competenza, capacità, apertura mentale, forti relazioni con l’ambiente e il mondo dello spettacolo, ma anche e soprattutto generosità e consapevolezza della mission che lo attende, feeling con il pubblico. Condotte  modeste e autoreferenziali sono tassativamente proibite.


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