Lo spettacolo di NeonTeatro con la regia di Monica Felloni entusiasma il pubblico della rassegna firmata da Mario Incudine.
Magico. 14 volte magico. Ciatu è un respiro appena soffiato, ma dal primissimo istante ossigeno che si diffonde ovunque fra il pubblico, leggero e avvolgente, come la carezza che ti conforta, come l’abbraccio che ti riconcilia con te stesso, con l’ambiente che ti circonda, annientando i confini del teatro, della mente, delle convinzioni, di quel che si credeva di sapere, di quel che si credeva di essere.
Non sono ancora trascorsi due anni dal debutto assoluto, quando il 21 agosto del 2015 lo spettacolo della regista Monica Felloni ha sorpreso ed entusiasmato gli spettatori del Teatro Antico di Taormina.
E’ giovane, Ciatu, e per la quattordicesima volta l’opera della compagnia catanese NeonTeatro è andata in scena. Sul palco del Teatro Garibaldi di Enna la magia si è ripetuta. Rinnovata. Come il respiro, ogni istante nuovo, ogni volta come prima e diverso da prima. E’ la Meraviglia della Vita.
“Ciatu, ciatu, ciatu. Ciatu miu. Ciatu do me cori. Ciatu da me vita”.
Si comincia così, nel silenzio inquieto, per proseguire nel silenzio imbarazzato, per inoltrarsi nel silenzio sempre più confidenziale, complice, per concludersi nell’esplosione liberatoria, nella standing ovation che non è soltanto l’apoteosi della manifestazione di apprezzamento, non è soltanto l’applauso più bello.
E’ la catarsi.
Anche ad Enna è stato cosi. Il pubblico, che per la prima volta ha assistito ad uno degli eventi fuori abbonamento della stagione teatrale firmata da Mario Incudine, ha avuto la stessa reazione di quelli che hanno assistito alle precedenti rappresentazioni.
Lo si leggeva sui volti, lo dichiaravano i corpi in piedi come crisalidi che si schiudono all’unisono, come se ognuno degli spettatori avesse preso un accordo precedentemente col suo vicino: al termine dello spettacolo ci alziamo, anzi ci innalziamo, anzi nasciamo, rinasciamo, simili alla farfalle, simili a quelle farfalle che abbiamo visto sul palco, simili, finalmente simili ai nostri simili, siamo tutti simili.
Ecco cos’è Ciatu: un atto di purificazione.
Lo dichiara il pubblico travolto da un entusiasmo imprevisto, imprevisto così; travolto dalla conferma di quel che sapeva o di avere appreso quel che non sapeva.
Cioè che quegli attori che hanno recitato, cantato, danzato, mimato, fatto, semplicemente, fatto qualcosa sul palco, non hanno soltanto reso omaggio alla potenza della figura e del messaggio di Giordano Bruno, il monaco mandato al rogo dall’Inquisizione “Con la lingua inchiodata alla mordacchia”, denuncia la dolce voce di una delle giovani attrici, per offendere il suo bene più prezioso, la parola, il diritto al libero pensiero.
Hanno ribadito, rivelato, che la vita non è struttura. E’ espressione. Ci si può esprimere in infiniti modi e non lo stabilisce l’idea che si ha del corpo, ma lo si fa con lo strumento che si ha a disposizione, col corpo che si ha a disposizione. Basta uno sguardo; basta un fremito. C’è un universo in uno sguardo, in un fremito. E Ciatu te lo fa respirare. E sei felice di farlo. Sei felice di respirare.
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