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Spettacoli e Cultura, Roma: un mito meravigliosamente intramontabile, Meryl Streep
Pubblicato il 22 Ottobre 2016
di Gianmaria Tesei
Un tripudio d’autentico plauso e di stima evidente ha travolto Meryl Streep, la straordinaria attrice candidata, nella sua fulgente carriera, per ben 19 Premi Oscar in totale (record assoluto), ben 3 vinti con interpretazioni che hanno fatto emozionare intere generazioni di amanti dell’arte filmica.
Protagonista , con Hugh Grant, di “Florence” , di Stephen Frears, film che uscirà nelle sale il 22 dicembre, distribuito da Lucky Red, l’artista statunitense incarna Florence Foster Jenkins, donna realmente esistita, estremamente ricca e che, sfiorando il tragico ed il comico allo stesso modo, pur priva di talento, ha assecondato la sua enorme passione per la musica classica ed il canto non solo finanziando concerti ed attività connesse, ma soprattutto diventando conosciutissima negli anni ’40 a New York per la sua attività di soprano che si produceva in risibili prove canore. L’interpretazione ha richiesto per la Streep un vocal coach per potere imparare a cantare e “rompere” successivamente ”ogni regola”, stonando per come richiesto dal personaggio che ha impersonato e che ha goduto della valida collaborazione attoriale del già citato H.Grant nel ruolo dell’inseparabile , pur fedifrago , impresario e marito e di Simon Helberg , il pianista che la seguiva durante le sue performance.
L’incontro con il pubblico ( moderatore Antonio Monda), ha visto l’attrice ,originaria di Summit (New Jersey), sciorinare il suo consueto e sottile umorismo e la forte personalità che hanno sempre contraddistinto il suo modo di essere, mentre l’affetto del pubblico la inondava con standing ovation, applausi convinti e ripetuti, addirittura cori, il tutto sfociato in un epilogo vissuto attraverso il balletto legato a “Mamma mia!” , sua altra celebre interpretazione filmica.
L’attrice di “Kramer contro Kramer”, ha sostenuto come spesso sul set accada che i colleghi, vedendo in lei un mito irragiungibile( cosa che ella non ritiene d’essere e che quasi sdegnosamente rifiuta), tendano ad avvertire un imbarazzo, che ella invece cerca di togliere compiendo qualche errore volutamente fatto, come una battuta errata od un movimento scoordinato rispetto al copione , per alleggerire il clima e ripristinare quella naturalezza necessaria a realizzare un film prodotto con abilità e buona fattura, tra colleghi in totale sintonia e senza star od altro.
L’attrice, che ha esordito cinematograficamente nel 1977 con il film di Fred Zinnemann “ Giulia” (Julia), ha affermato di non voler fare il salto dietro la camera, non volendo diventare ossia regista ( asserendo che il suo modo di fare in fondo la porta sempre avere sul set sempre l’ultima parola…)ed anzi di volere lavorare con eccellenti film maker con i quali ancora non ha collaborato con una netta predilezione per Scorsese.
La performer ha poi divagato anche sulle pressanti questioni politiche statunitensi , quali le imminenti elezioni americane, sulle quali ha idee chiare e definite, essendo nettamente schierata per la Clinton e, soprattutto , fortemente contro Donald Trump, definito un sessista che ha saputo lavorare molto bene contro sé stesso.
Sicuramente molto importante per il nostro cinema l’investitura a sua erede artistica conferita dall’attrice ad Alba Rohrwacher che ha evidentemente fatto breccia con le sue interpretazioni nel cuore artistico della Streep, così come, tra le attrici italiane il suo favore incontrano miti quali Anna Magnani e Silvana Mangano, le cui interpretazioni la Streep ha potuto apprezzare in un momento storico nel quale le produzioni hollywoodiane creavano pochi ruoli di livello per le donne e nelle suddette dive italiche , ella proveniente dalla provincia, vedeva delle creature originali e piene di una purezza, che proprio nella Rohrwacher sembrano rivivere.
Ancora una volta la Streep si è resa fervida sostenitrice ( sin dal Festival di Berlino, in cui era a capo della giuria che lo premiò) per L’Oscar per il migliore film straniero di “Fuocoammare”, il docu-film di Gianfranco Rosi, prodotto filmico considerato dall’attrice inimitabile nel modo in cui narra con grande originalità e sensibilità il dramma vissuto dai migranti ed il modo in cui, Lampedusa, una piccola isola del Mediterraneo si oppone ad una situazione terribile che coinvolge tutto il mondo. L’attice americana ha così dimostrato come anche il mondo artistico possa toccare importanti temi sociali, promuovendo la speranza verso una loro concreta soluzione e senza abbandonare chi si trova in difficoltà superabili solo dall’intera collettività.
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