di iena plebea Marco Benanti
La Catania perbene ha vissuto un’altra mattinata in cui si è riunita. Si è guardata in faccia. E si autoapplaudita. Fra profumi, donne ben vestite e uomini in giacca e cravatta. Persone perbene. Di provincia.
Succede da tempo ormai, da quando pezzi consistenti del centrodestra si sono cambiati d’abito, consociandosi col centrosinistra e con i soggetti fiancheggiatori, a cominciare dalla cosiddetta “società civile”, e hanno messo Enzo Bianco a sindaco della città. In nome del “cambiamento”. Di un “cambiamento” perseguito ossessivamente da una “macchina della propaganda” degna del Ventennio.
Oggi la “macchina della propaganda”, partendo dal “colpo da maestro” mediatico di un’area “da recuperare” con un murales (a proposito, dopo lo show chi vigilerà?), è tornata su uno dei luoghi dove l’amministrazione di centrodestra di Umberto Scapagnini aveva lasciato un segno, piazzale Oceania: uno spazio con un immobile dell’Enel. Diventato, grazie ad un uomo come Rosario Marino (che nell’amministrazione Scapagnini aveva a lungo lavorato, come il “front man” della mattinata Giuseppe Idonea) “quadro” di un catanese, di quelli che la città perbene serba un ricordo: Candido Cannavò, cronista de “La Sicilia” prima, direttore della “Gazzetta dello Sport” poi (oggi c’era anche Andrea Monti, numero uno della “rosea”) Da oggi, quindi, piazzale Oceania, è dedicato al noto giornalista.
E per l’occasione la città perbene ha mostrato i suoi “gioielli”: i vecchi cronisti de “La Sicilia”, il direttore de “La Sicilia” Mario Ciancio Sanfilippo (salutato e omaggiato da tanti, evidentemente l’affetto della “sua” città non gli viene mai meno, nemmeno nei tempi difficili di un’indagine per concorso esterno all’ associazione mafiosa), l’assessore comunale alle politiche scolastiche Valentina Scialfa. Con loro i familiari di Cannavò. Assieme a loro il direttore dell’Accademia di Belle Arti Virgilio Piccari, l’autore del murales lo studente dell’Accademia di Belle Arti Andrea Marusic. Con loro gli addetti stampa del comune, quelli personali del sindaco. In un caso anche incaricato di una partecipata. Comunale. La “gendarmeria” di Palazzo ha controllato tutto, con i propri vigili mezzi. E con loro c’erano anche le Autorità, il Questore, il comandante dei carabinieri. Insomma, la Catania perbene. “Uscita” -raccontano le Cronache di Regime- dal “buio” del centrodestra.
Come avviene in ogni fiction che si rispetti, è arrivata il “colpo da maestro” (mediatico): la telefonata del sindaco Enzo Bianco da Bruxelles, nella sede del Parlamento euoropeo. Impegnato in uno dei suoi prestigiosi incarichi, capo della delegazione italiana al comitato delle Regioni in vista di portare il saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (naturalmente, il primo è quello di primo cittadino, poi gli altri sono arrivati. Perché il sindaco è bravo).
E le parole di Bianco, nel silenzio di Autorità e scolaresche, hanno lasciato un segno. Come non ricordare il Catania di Vavassori, Grani, Cinesinho, Facchin! Anni Sessanta.
Questo il “quadretto da Strapaese” offerto dalla “macchina della propaganda”. Dall’altra parte, a pochi chilometri, ancora una volta, è rimasta la “città brutta, sporca e cattiva”, quella che ancora oggi, invece, ricorda con affetto il cavaliere Angelo Massimino, il presidente di un Catania mitico, quella squadra guidata con amore, rimettendosi soldi e vita. E che ai mafiosi diceva “io non pago”. Ma non finiva per questo sui giornali. E non otteneva incarichi per questo.
Ma Massimino era popolano, non vestiva bene, non aveva la parlata con l’accento giusto che ti prende per il culo, insomma non era chic. E la “sua” città? La “città di Massimino” ricorda che Candido Cannavò, nel 1993, quando la squadra stava affondando, si schierò contro Massimino e il Catania. Anche allora, era tempo di “nuovismi” e chi comandava a Palazzo, quello di oggi con venti anni di più, sostenne altri. Non il Catania di Massimino. Guarda caso, oggi, a piazzale Oceania, la Catania “brutta, sporca e cattiva” non c’era. Per fortuna, diciamo noi.
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