Proclamate otto ore di sciopero di Antenna Sicilia. Stamane assemblea, a Telecolor, dove ne sono state dette tante…di Iena Tivvù, Marco Benanti
Otto ore di sciopero di tutti i dipendenti di Antenna Sicilia si terranno domani nell’emittente televisiva regionale di Catania che ha annunciato un piano di riorganizzazione con esuberi per fare fronte alla crisi economica. La decisione è stata adottata dall’assemblea dei lavoratori , nella sede di Telecolor, alla quale erano presenti i segretari provinciali della Cgil, Angelo Villari e della Cisl Alfio Giulio, rappresentanti di categoria e il vicesegretario nazionale della Fnsi Luigi Ronsisvalle (nella foto). Questa è la notizia. Ma di notizie ce ne sono anche altre.
In generale, la crisi del gruppo Ciancio non trova quiete. Anzi, la preoccupazione aumenta: parrebbe che il piano aziendale che prevede “tagli” sul personale tecnico e amministrativo, nella misura del 50%, difficilmente troverà mediazioni o possibili “rientri”. E dietro l’angolo, cosa si può proporre a lavoratori che -in non pochi- non possono ancora andare in pensione? E presto o tardi toccherà forse anche ai giornalisti? E in che misura? Da tempo, il gruppo Ciancio ha “stretto la cinghia” anche sui giornalisti, in particolare al quotidiano “La Sicilia: “sforbiciate” su tante voci. Non pochi della “vecchia guardia” del giornale sono andati in pensione.
Stamane, mentre all’ingresso della storia emittente catanese sventolavano striscioni e scritte contro i “tagli”, si è tenuta un’assemblea partecipata. Con i sindacalisti a raccontarla a tutti.
Ecco una piccola campionaria. Alfio Giulio con toni enfatico paternalistici: mentre i lavoratori sono disponibili a “mettere sul piatto parte del loro salario”, l’azienda ha un’atteggiamento di “chiusura”, ma non può pretendere una soluzione “a costo zero”. Ecco, sarebbe il caso di fare come “il padre in una famiglia in difficoltà”: insomma, “manu ‘nda sacchetta” (“mani nelle tasche”, per dare il proprio contributo economico). Certo tutti i partecipanti hanno sottolineato la “crisi economica generale” (che dura da decenni, aggiungiamo noi e viene evocata per tutto, anche quando il Catania perde).
Comunque, per il segretario della Cgil Angelo Villari “si prospetta un periodo di lotta sindacale complesso e un confronto con l’ azienda, il prossimo 5 settembre che ci auguriamo segua le regole dell’ ascolto e del reciproco rispetto. Di certo c’è che l’ informazione siciliana non puó permettersi una ‘macelleria sociale’ fatta di perdite gravi sul fronte della professionalità e delle risorse umane che hanno fatto la storia delle emittenti catanesi. Sono soddisfatto dell’ adesione dei giornalisti, del ruolo attivo della Fnsi e dei suoi rappresentanti provinciali e nazionali, in questa difficile battaglia che rischia, purtroppo, di vedere coinvolte tutte le professionalità in campo.
Chiediamo inoltre alla Regione di assicurare risposte anche sul fronte di una legge quadro dell’ editoria che sostenga il settore in questa fase di riorganizzazione. Lanciamo un appello alla responsabilitá dell’ azienda e ci aspettiamo che lo sciopero proclamato per domani ad Antenna Sicilia registri una massiccia adesione”.
Reduce da battaglie epocali degne di un Sorel e di un Corridoni messi insieme, è intervenuto poi il vicesegretario nazionale della Fnsi (per i giornalisti e i non giornalisti che non lo conoscono, è il sindacato della categoria) Luigi Ronsisvalle: un eloquio che “prende il cuore” degli astanti, con ricordi di storia “patria-aziendale” e richiami all’orgoglio professionale.
“Eccellenze in questo settore non possono essere cancellate con un tratto di penna”: una frase che resterà. Ma –ci chiediamo noi- il problema qual è? I “tagli” aziendali, la Regione, o meglio il “Diablo” Lombardo che non “sgancia” (pardon non “sostiene”), la crisi della pubblicità. Qual’è il progetto aziendale? Dove si vuole arrivare? Ma non è solo il “libero mercato” il “supremo regolatore”? E come viene “declinato” in catanese questo assunto?
Parla chiaro Alfio Giulio: ci vuole un “supplemento di responsabilità da governo regionale e aziende”. Andiamo più a fondo: “il ruolo delle tv locali come Antenna Sicilia e Telecolor – ha dichiarato Giulio – ha rappresentato, attraverso l’informazione e i contenuti espressi in questi anni, un elemento fondamentale per la crescita del livello di civiltà della società catanese. Per mantenere tale patrimonio è necessario che gli altri attori di questa vicenda mettano in campo un supplemento di responsabilità come hanno già fatto i lavoratori: il governo regionale metta un impegno concreto per accompagnare e sostenere gli investimenti delle imprese televisive fatti per passare al digitale nell’attuale fase di crisi; le aziende non si arrocchino su posizioni di intransigenza ma vengano incontro alla disponibilità dei lavoratori con un progetto industriale concreto e strategico per affrontare e superare la crisi”.
Conclusione: “un sostegno regionale concreto, un progetto industriale credibile e la disponibilità già offerta dai lavoratori sono le colonne che possono sorreggere la vertenza e portarla a una soluzione positiva a tutela di interessi che riguardano l’intera comunità catanese e siciliana“.
Ma la domanda delle cento pistole è un’altra, a nostro avviso: come si è arrivati a questo? Per quanti decenni il sindacato ha preferito il silenzio o il basso profilo di fronte al monopolio cianciano? Quanto silenzio davanti all’ “ingegneria sociale” del sistema dominante -garantito dal monopolio di Ciancio- imposta da anni, che ha emarginato intelligenze e professionalità, in nome di un lavoro sempre più da “copia e incolla”, dove l’approfondimento è guardato con sospetto, se non perseguitato, per non parlare dei diritti, relegati ad enunciazioni da convegno e considerati magari con sorriso beffardo. Il sindacato, nel suo complesso, a cominciare da quello dei giornalisti, ha gravi responsabilità. Lo scriviamo da anni e lo confermiamo anche adesso.
E ancora: le istituzioni che fanno? La politica resta muta: del resto, avere l’informazione ufficiale ridotta com’è a Catania fa comodo a molti, sicuramente al “tavolo degli amici” che fanno e rifanno la città da molti anni. “Il silenzio è d’oro” –disse un tempo un cronista che la sapeva lunga. Come dargli torto? Altrimenti Catania non sarebbe quella che è. Una “preda” per pochi.
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