Stato&mafia, il pentito Mutolo punta il dito contro il Ros e parla delle preoccupazioni di Paolo Borsellino prima che venisse ucciso

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di Fabio Cantarella, iena antimafia

Al processo a carico del generale dei Carabinieri Mario Mori, ex capo del Ros, e del colonnello, sempre ex del Ros, Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia, è stata la volta del pentito Gaspare Mutolo che aveva iniziato a collaborare con Giovanni Falcone e, dopo la sua morte, continuò a collaborare ma solo con Paolo Borsellino. Un episodio che Mutolo ha ribadito in udienza, raccontando anche dell’incontro che Borsellino avrebbe avuto con il ministro Nicola Mancino (quest’ultimo ha sempre negato) e poi con l’ex numero tre del Sisde, Bruno Contrada, e con Vincenzo Parisi.

Dopo la morte di Falcone dissi che volevo parlare solo con Paolo Borsellino –riferisce ai giudici di Palermo Gaspare Mutolo- L’1 luglio mi venne a trovare in carcere. Verso le 15 ricevette una telefonata e mi disse che doveva andare al ministero. Quando tornò era molto turbato, lui era un tipo sensibile ed emotivo, si capiva già dal viso se era arrabbiato. Addirittura aveva due sigarette accese, una in bocca e l’altra in mano. Mi ha detto che aveva incontrato il ministro Nicola Mancino, ma anche il dottor Bruno Contrada e Vincenzo Parisi. Era particolarmente contrariato di avere incontrato Contrada“.

Il pentito Mutolo continua la sua deposizione raccontando delle preoccupazioni di Paolo Borsellino nei giorni precedenti la strage di via D’Amelio:Prima di iniziare la mia collaborazione con Borsellino gli dissi: ‘intanto dobbiamo fermare il braccio armato della mafia prima che fanno altre stragi’. Da lì abbiamo cominciato a scrivere i primi verbali, in presenza anche del dottore Vittorio Aliquò. Con Borsellino ci siamo visti anche il 15, il 16 e il 17 luglio. Spesso ci fermavamo a parlare anche dopo aver finito le dichiarazioni da mettere a verbale. Era sempre nervoso. In un’occasione l’ho sentito parlare fuori con alcune persone e gridava ‘ma sono matti!’. Era arrabbiato e direi disgustato per l’ipotesi di offrire ai mafiosi la possibilità della dissociazione (sconti di pena senza l’obbligo di dover accusare i complici, specie quelli occulti che oggi si sta cercando di far venire a galla). Diceva -ha spiegato Mutolo- che era matto chi voleva accettare questa dissociazione, per lui non era un fatto positivo ed era matto chi la vedesse come una cosa positiva. Io gli dissi che la mafia è andata sempre d’accordo con lo Stato.

Gaspare Mutolo ha parlato anche della ormai nota trattativa tra Stato e mafia, riferendo in aula lo stato d’animo di Paolo Borsellino. “Borsellino sapeva che c’era una trattativa ed era disgustato -continua il pentito- molto amareggiato. Con lui non abbiamo mai parlato però di Mori. Si diceva che i mafiosi avevano trovato degli interlocutori. Io avevo intuito che Mori era in contatto con alcuni personaggi mafiosi per catturare i latitanti Riina e Provenzano. Mori, di cui non si faceva il nome ma io avevo capito che potesse essere lui dai riferimenti fatti dai funzionari della Dia, scendeva spesso a Palermo ed aveva contatti all’interno di Cosa nostra per trattare. So che il dottore Borsellino era contrario alle trattative”.

Mutolo ha riferito anche della preoccupazione espressa dagli agenti della Dia che lo scortavano, che si sentivano seguiti da uomini dei servizi segreti. “L’argomento –ha svelato Gaspare Mutolo dopo vent’anni- ricordo che venne discusso a margine di uno degli interrogatori in cui era presente Borsellino. A questo proposito ricordo che i ragazzi della Dia che mi trasportavano erano, con mia sorpresa, più preoccupati di essere seguiti da persone dei ‘servizi’ che da appartenenti alla criminalità organizzata”. Quando è stato chiesto a Mutolo come mai, lungo tutti questi anni di collaborazione, non avesse svelato particolari così rilevanti come l’amarezza di Borsellino per la trattativa o la dissociazione la risposta è stata: “Perché nessuno me l’aveva mai chiesto, non mi era mai stato detto di parlare di questi argomenti”.

In questo processo, ricordiamo che è quello a carico dell’ex generale del Ros, Mario Mori, e del colonnello, Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia, era stato chiamato a testimoniare anche il generale dei carabinieri, Antonio Subranni, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere perché “indagato in procedimento connesso”.

Il generale Subranni, infatti, sarebbe indagato insieme ai boss mafiosi Totò Riina e Bernardo Provenzano, al generale dei carabinieri Mario Mori, allo storico senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, e all’ex ministro della Democrazia cristiana, Calogero Mannino, nell’inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia ed è accusato di “violenza o minaccia a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario”.

 

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Redazione Iene Siciliane

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