di Amalia Zampaglione
Quasi ogni giorno, subiamo l’irruenza e il fragore della notizia dell’ennesimo caso di violenza sulle donne, dell’ennesimo femminicidio, a volte un atto premeditato ed altre derivante da raptus di follia o perché in preda alla gelosia, ma sia nell’uno che nell’altro caso, trattasi di gesto vile, di atto funesto, che vede vittima una donna. Sono notizie che procurano rabbia, mestizia e a volte sconforto e giammai vorrei che la frequenza di tali drammatici eventi induca gli animi a divenire avvezzi al loro accadimento e dunque incuranti. Purtroppo non si tratta di casi isolati, di sporadico sfocio in delitto, ma si tratta di violenze reiterate nel tempo e di omicidi che potevano essere impediti perché probante era l’ipotesi di un gesto di tale gravità e di altri in cui nulla lasciava presagire un tale tragico finale. Sovente taluni avvenimenti attraversano il tempo nel totale o limitato interesse altrui e il disinteresse mortifica gli sforzi e dissipa le azioni volte a reprimere e contrastare violenza e ad inibire l’intento di delitto. Servono piuttosto norme ed azioni capaci di galvanizzare le forze e le volontà di contrasto alla violenza di genere.
Poi capita di imbattersi nella lettura del decreto legge 26 giugno 2014 n.92 che eviterà l‘arresto e la detenzione in carcere o a domicilio agli autori dei maltrattamenti familiari e di stalking. Tale norma verrà estesa ai pluri recidivi e a tutti quelli a rischio di reiterazione del reato senza valutazione del tribunale di sorveglianza ed allora ti domandi: “Quale altra beffa ed insidia alla vita della donna?”.
Lo stesso ordinamento giuridico, sgrava di peso e misura ogni azione volta alla prevenzione e contrasto della violenza di genere.
Credo sia un dovere, allora, non dimenticare le tante, davvero troppe donne vittime di uomini che hanno negato loro la vita e lo faccio a due giorni dall’udienza del 16 luglio 2014 del processo a carico di Loris Gagliano, giovane studente che nella notte del 27 dicembre del 2011 uccise la sua ex fidanzata Stefania Noce ed il nonno di lei Paolo Miano. Stefania Noce era una giovane studentessa da sempre in prima linea per i diritti delle donne e la sua forza e volontà oggi permangono nelle iniziative dell’associazione SEN (acronimo di Stefania Erminia Noce) nata in seguito alla sua tragica scomparsa. Perché la morte di Stefania e quella di altre donne, non cada nell’oblio, ma la memoria, la “permanenza viva” di quell’evento vile e nefasto nelle menti, costituisca la ragione di ogni azione di contrasto della violenza di genere.
Ripercorriamo insieme quelli che sono stati i punti più importanti del processo:
30 novembre 2012: prima udienza del procedimento giudiziario a carico di Loris Gagliano e poi subito rinviato al 21 dicembre 2012.
5 aprile 2013: Loris Gagliano è condannato all’ergastolo dal Gup di Caltagirone Marcello Gennaro, davanti al quale, il procedimento si è celebrato con rito abbreviato.
L’assassino Loris Gagliano, presenta una lettera alla Corte d’assise d’appello di Catania, rinunciando al processo di secondo grado e revocando l’incarico al suo legale, l’avv. Giuseppe Rabbito.
La corte d’assise d’appello, si è riservata di decidere sulla richiesta nell’udienza del quattro marzo 2014.
L’avv. Enzo Trantino, legale di parte civile, pensa sia una tecnica “dilatoria” dell’imputato mentre per l’avv. Giuseppe Rabbito, è la prova di un problema psicologico del suo assistito.
La Corte accoglie l’istanza di Gagliano di revoca dell’incarico al suo legale Giuseppe Rabbito e poi ha assegnato la difesa d’ufficio allo stesso avvocato, per una questione di continuità mentre resta l’arduo compito di sciogliere i dubbi circa la possibilità di impugnare la rinuncia al processo.
Pier Paolo Montalto, legale del padre di Stefania Noce, ha sottolineato come lo svolgimento di accertamenti sulla persona dell’imputato, volti ad accertare la capacità di partecipare coscientemente al processo, non possono inibire la possibilità di Gagliano ad “esercitare tutti gli atti processualmente rilevanti” che l’ordinamento consente ad un imputato in sede di processo penale. Il dubbio da risolvere, rimane l’incapacità di Gagliano, giudicato in primo grado dal Gup di Caltagirone colpevole di omicidio premeditato e condannato all’ergastolo di “partecipare coscientemente al processo”.
Serve dunque un’oggettiva patologia mentale per mettere in dubbio la partecipazione consapevole al processo.
L’imputato viene trasferito dal carcere di Siracusa a Rebibbia, dotato di struttura ospedaliera.
14 aprile 2014:
Loris Gagliano rinuncia a prender parte al processo dopo esser stato trasferito da Roma –dove è in osservazione psichiatrica- al tribunale di Catania.
Il giudice Luigi Russo aveva consigliato all’avvocato della difesa Giuseppe Rabbito, di invitare l’imputato a rinunciare all’udienza, ma Loris Gagliano, pur se d’accordo, non aveva formalizzato la richiesta di rinuncia e si è poi rifiutato di incontrare il suo legale.
La tesi della parte civile, è che ci sia da parte dell’imputato un tentativo di una simulazione di incapacità di stare in giudizio e che Gagliano si stia prendendo gioco della Corte.
E’ dunque un’udienza “senza imputato” e “senza perizia” sullo stato mentale dell’assassino, ancora incompleta.
Ai periti Bruno Calabrese e Francesco Bruno, spetta la valutazione della condizione psichiatrica dell’imputato. Bruno Calabrese racconta di aver svolto un colloquio preliminare con Gagliano e valuta il caso assai complesso essendo Gagliano uno studente di psicologia e quindi conoscitore delle procedure cliniche.
Si ritiene necessaria un’osservazione psichiatrica continua e per questa ragione l’udienza viene fissata tenendo conto di trenta giorni di monitoraggio a Rebibbia ed è stata prorogata la scadenza per la perizia psichiatrica che dal 3 maggio è stata spostata al 31 maggio.
10 giugno 2014: vengono ascoltati Bruno Calabrese e Francesco Bruno, i periti nominati dalla Corte d’appello che pongono in rilievo la difficoltà di valutazione poiché Gagliano avrebbe opposto qualche resistenza allo svolgimento della perizia e dai loro accertamenti, sarebbe emerso anche un profilo narcisistico e paranoico. I periti informano di aver sottoposto Gagliano ad un test per l’indagine della personalità, ossia il test di Rorschach, un test psicologico proiettivo attraverso il quale si va ad indagare sulle risposte soggettive di fronte a stimoli nuovi ed ambigui.
L’avv. Enrico Trantino, legale di parte civile, sottolinea come tale test sia poco efficace ed inattendibile poiché come test psicologico presenta scarsissime proprietà psicometriche (statistiche). Si tratta infatti di un test che fornisce una descrizione istantanea della psiche del soggetto, relativa al momento in cui viene effettuato. Una delle critiche che viene mossa a tale test così come ogni altra valutazione psicodiagnostica in ambito peritale e giudiziario è che i test clinici nascono in generale per la diagnosi di eventuali disfunzioni psicologiche. Una diagnosi errata ha come effetto una cura non efficace o meno efficace, ma può essere successivamente rivista; al contrario invece, una diagnosi errata ma ritenuta erroneamente corretta legata ad una decisione giudiziaria, avrà conseguenze immediate e non sarà facilmente rettificabile.
16 luglio 2014: in aula i consulenti del procuratore generale. I consulenti ritengono l’imputato nella piena capacità di intendere e di volere, confutando la tesi di semi infermità mentale dei periti nominati.
Il 22 settembre 2014 l’esito dell’esame del consulente della difesa.
Un processo che si sperava potesse concludersi entro l’estate ed invece si delineano tempi più estesi.
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