In questi giorni due questioni, due ipotesi di “sviluppo”, sono posti all’attenzione della cittadinanza catanese, e non solo, anche attraverso il quotidiano “La Sicilia”: l’idea, o progetto, di abbattimento degli “archi della Marina”, con conseguente ridisegno dell’area portuale, e l’ampliamento e consolidamento dell’aeroporto.

Per quanto riguarda il primo, rinunciando ad affrontare in questa sede la questione dell’opportunità o dell’inopportunità dell’abbattimento del manufatto ferroviario, ci sembra di poter sostenere, senza molti dubbi, che il vero nodo dell’eventuale ridisegno del waterfront, con coinvolgimento del Porto, sia quello di trasformarlo radicalmente, mettendolo a disposizione delle grandi navi da crociera: con magnifiche ricadute, si dice, sull’economia della città, per via del turismo; la questione riguardante la SAC, quella almeno che qui c’interessa (la ricaviamo dall’intervista all’ Amministratore delegato Nico Torrisi su “La Sicilia” del23.9.24), è la privatizzazione della stessa, che pare già ben avviata. 

Nell’uno e nell’altro caso, Grandi Affari in vista, su cui occorre richiamare l’attenzione pubblica. La trasformazione del Porto in un centro di approdo per navi da crociera e il conseguente colpo di grazia alla vivibilità della città, mediante incremento del turismo “usa e getta”, sarebbe una iattura per gli abitanti di Catania e dell’area circostante. Mentre in molte parti del mondo devastate dal turismo di massa (leggi: da frequentatori di locali e affini) si vedono proteste della popolazione residente, afflitta dall’invasione incontrollata di masse che trasformano il tessuto urbano, abbattono o alterano il mercato delle abitazioni, producono montagne aggiuntive di spazzatura (si pensi alle proteste cui si è assistito alle Canarie, e, in Italia, a Firenze o Venezia), alle classi dirigenti locali viene in mente la brillante idea di incrementate il “turismo”.

Dobbiamo dircelo chiaramente: questo “turismo”, che non ha niente di culturale, di civile, di incontro fra popolazioni, serve soltanto al consumismo distruttivo, all’arricchimento delle piattaforme, a costi altissimi per le comunità, con scarsa ricaduta sui redditi e con devastazione dei beni pubblici. Insomma: il turismo, questo turismo, in assenza di una solida struttura produttiva, è una risorsa miserabile, instabile, buona solo per lavori precari. Non guardiamo dunque, giusto o sbagliato che sia, all’abbattimento degli Archi, ma al progetto che c’è dietro.

Quanto alla SAC  e all’uso dell’aeroporto in genere, mettendo da parte la quota di turismo che anche in questo caso viene evocata, non ci sorprende che avanzi da tempo l’ipotesi della privatizzazione: essendo l’aeroporto, a quanto pare, una struttura che produce attivi e potenzialmente profitti, perché mai dovrebbe rimanere sotto il controllo di un ente pubblico come la CCIAA di Catania (se non erriamo) anziché procurare profitti a soggetti privati?  Meglio cederlo a questi ultimi. Si sa, infatti, che pubblicizzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti è una delle politiche più stabili che governano l’economia del Paese.

A quando un dibattito pubblico sulle due questioni?

Domenico Cosentino, Chiara Petrelli, co-segretari del Circolo “Gabriele Centineo” di Rifondazione Comunista.

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Iene Sicule

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