di Fabio Cantarella
“…si parlava di interporto, si parlava diciamo delle cose che dovevano nascere al porto, l’interporto, si parlava del Bingo, questo famoso Bingo di Piazza Alcalà, dai quali c’erano i Santapaola però nel Bingo di Piazza Alcalà, nei quali Santo Scardaci nel periodo che fu fuori tentò di arrivare al Bingo di Piazza Alcalà, e dove fu intimato allo Scardaci Santo di levare le mani dal Bingo di Piazza Alcalà perché c’era la Famiglia Santapaola…”.
Sono le rivelazioni del pentito Gaetano D’Aquino, affiliato al clan catanese dei Cappello, rese lo scorso dicembre davanti a tre pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia.
Era un freddo pomeriggio, l’inverno era alle porte e D’Aquino stava rivelando quelli che – a suo dire e per quanto a sua conoscenza – erano i legami tra la mafia e la politica, ma anche e soprattutto gli interessi economici delle cosche. Gli affari da tentare di chiudere in città. D’Aquino è un fiume in piena, depone per ore, centinaia di pagine.
“SUD” pubblica solo in parte le dichiarazioni del collaboratore di giustizia senza riportare quelle relative al Bingo Alcalà. Quale potrebbe essere stato il motivo? Abbiamo indagato, ma prima una doverosa premessa è d’obbligo. Con questo servizio non intendiamo affatto valutare la fondatezza delle rivelazioni di Gaetano D’Aquino in merito al Bingo Alcalà e agli altri affari economici progettati dalla cosche mafiose di cui ha riferito ai giudici. Riteniamo che tale diritto, che è anche e soprattutto un dovere giuridico, spetti agli organi preposti, come la Direzione distrettuale antimafia. Qui a noi interessa semplicemente darvi contezza di un modo di gestire l’informazione a proprio piacimento, come si fa allorché si pubblica un verbale solo in parte e poi magari si scopre che nelle pagine non consegnate ai lettori c’è qualche passaggio che, guardacaso, offusca l’immagine di chi vuol fare la morale agli altri.
Il Bingo Alcalà. Si tratta di un’attività economica gestita da una società riconducibile ad uno dei principali finanziatori del giornale “SUD”, l’imprenditore Alessandro Indovina, proveniente da una nobile quanto stimata famiglia catanese, lo stesso che è proprietario della struttura alberghiera che ospita la redazione della testata che, lo diciamo senza sarcasmo, si vanta di fare giornalismo d’inchiesta e di essere obiettiva.
L’imprenditore Alessandro Indovina, tra l’altro, è molto legato all’avvocato Antonio Fiumefreddo, da Valter Rizzo definito addirittura “editore ombra” della testata “SUD” in un articolo pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio. Indovina è anche una delle persone più vicine al sottosegretario del governo Berlusconi, Vincenzo Scotti, presidente della “Link University”, azienda che sponsorizza il giornale “SUD” e presso la quale l’avvocato Fiumefreddo cura una cattedra di diritto penale. In un articolo pubblicato in precedenza abbiamo già dimostrato come di frequente le inchieste proposte da “SUD” attengano a questioni personali dell’avvocato Antonio Fiumefreddo.
L’apertura del Bingo Alcalà viene annunciata sul sito della società Giocabingo, consultabile online mentre vi scriviamo, nonostante la società sia stata messa in liquidazione nel 2010. Non prima, però, di aver ceduto, alla fine del 2009, alcuni rami d’azienda alla società C.M.T. S.r.l, titolare della convenzione di concessione per la gestione del bingo Alcalà (la numero 303/T1/TL/R). E qui, nella C.M.T. S.r.l., ritroviamo il magnate Alessandro Indovina con il ruolo di consigliere a cui vengono delegati importanti poteri “…i più ampi poteri di gestione sia ordinaria che straordinaria della società in materia di rapporti con il personale, i fornitori e per gli affari generali”. In virtù della delibera di nomina Alessandro Indovina non solo può assumere, promuovere, trasferire e licenziare dipendenti, ma anche stipulare contratti, emettere assegni, incassare somme e prelevare dai conti correnti.
C’è da dire poi come sia la società cedente, la Giocabingo, che la cessionaria C.M.T. S.r.l. hanno entrambe sede a Catania, in viale Artale Alagona n. 39, lì dove ha sede un’altra importante azienda nella quale è protagonista Alessandro Indovina: l'”Immobiliare Alcalà S.r.l.”. Un’ultima nota: dalla visura camerale della C.M.T. S.r.l. risulta che il presidente del Cda, persona diversa dall’Indovina, sarebbe residente praticamente nello stesso stabile in cui hanno sede legale le società che hanno avuto a che fare col bingo Alcalà. Solo una coincidenza o un errore di trascrizione?
Stavolta, però, li abbiamo proprio beccati in castagna. Le rivelazioni del pentito che vi abbiamo proposto, fondate o meno che siano, non spetta a noi dirlo ma alla Procura della Repubblica di Catania, rappresentano in ogni caso la prova che “SUD” pubblicò un atto giudiziario in modo parziale ed incompleto oltre che – aggiungiamo noi – secondo convenienza. Quando si tratta di pubblicare gli stralci dei verbali che riguardano i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo sono sempre puntualissimi, non altrettanto, a quanto pare, allorché si è trattato d’informare i lettori delle questioni che potrebbero riguardare uno dei loro principali sponsor. Un pentito non può essere ritenuto credibile solo a proprio piacimento e “SUD” deve averlo ritenuto abbastanza affidabile se decise di dedicargli dello spazio e tanto di foto.
Queste rivelazioni “Sud” non le riporta, si limita a pubblicare il verbale con le dichiarazioni del collaboratore di giustizia in forma riassuntiva e non quello in versione integrale. Il free press riporta solo un piccolo stralcio della deposizione del collaboratore di giustizia nell’uscita cartacea che titola “l’impresentabile”, quindici righe appena, quanto basta per sferrare l’ennesimo colpo al nemico scelto Raffaele Lombardo, guardandosi bene, invece, dal pubblicare quella parte delle dichiarazioni in cui il collaboratore afferma, a chiare lettere, che il governatore “non si vede con nessuno” né in campagna elettorale né tanto meno dopo, allorché in tanti cercano d’instaurare, senza successo, un contatto con lui. D’Aquino non solo ammette “…Raffaele Lombardo non mi sento di dire che è amico della malavita di Catania…”, ma addirittura racconta l’ira dei vertici di cosa nostra catanese per la impossibilità di raggiungerlo e infiltrarsi nell’istituzione da lui guidata. Inutile sottolineare che questi due passaggi non li troverete su quel giornale. Si può parlare anche in questo caso di un episodio d’informazione di parte? Non spetta a noi dirlo, ci limitiamo ad esporvi i fatti, per il resto giudicate voi!
E le dichiarazioni del pentito che fanno riferimento alla vicenda del “bingo di piazza Alcalà”? Come già ampiamente dimostrato, neanche queste le troverete, da nessuna parte! Neppure nell’edizione telematica di “SUD”, dove i lettori vengono invitati a scaricare il documento processuale, c’è scritto: “leggete di seguito il verbale di D’Aquino e diteci la vostra”. Appena sei delle oltre centotrenta pagine, tra omissis vari, solo dichiarazioni, tanto per cambiare, contro i Lombardo. Nessun accenno alle rivelazioni sul “bingo di piazza Alcalà”. Due pesi e due misure.
Eppure la parte più interessante delle dichiarazioni di D’Aquino è proprio quella nella quale svela come – a suo dire – la criminalità organizzata intendesse mettere la mani sull’economia del territorio; D’Aquino dice chiaramente quali erano gli obiettivi imprenditoriali, indica espressamente le attività d’interesse delle cosche. “SUD”, però, non riporta per nulla le confessioni del collaboratore in merito agli affari economici della mafia.
Credibilità del pentito Gaetano D’Aquino. Vorremmo fare un’altra doverosa premessa: per alcune nostre convinzioni personali tendiamo a diffidare delle dichiarazioni dei pentiti non confermate da altri riscontri probatori, specie perché molto spesso si tratta di rivelazioni fatte da personaggi che in passato si sono macchiati di gravi reati, figuriamoci se si facciano scrupoli per una semplice menzogna o per lanciare un’accusa giusto per regolare un vecchio conticino in sospeso o, ancora, per vendicarsi di un favore non ricevuto. Non è questo il caso però, perché qui a dare credibilità alle dichiarazioni del pentito Gaetano D’Aquino è proprio “SUD” che lo ritiene attendibile tanto da usare, a questo punto riteniamo faziosamente, solo alcune delle sue dichiarazioni per scagliarsi sempre contro lo stesso politico.
Capitolo “pezzo grosso della nostra redazione coinvolto nello scandalo”. Come vi avevo preannunciato non mi sono fermato neppure davanti al mio direttore responsabile: altro che sponsor! I fatti di cui vi ho reso partecipi si riferiscono a pubblicazioni della testata “SUD” eseguite nel periodo in cui il direttore responsabile era Marco Benanti. Successivamente Benanti, giornalista serio e tra i più apprezzati, si dimise dalla direzione di quel giornale. Come sapete, dopo qualche tempo assunse la conduzione di ienesicule. Bene, riteniamo doveroso nei confronti dei lettori chiedere al nostro direttore di fornirci la sua versione dei fatti: non si accorse di nulla? Fu una svista? Marco se ci sei batti un colpo!
In conclusione, ogni questione deve restare sospesa perché non spetta a noi giornalisti emettere capi d’imputazione o, peggio ancora, delle sentenze. Abbiamo ritenuto doveroso pubblicare anche tali parti del verbale di D’Aquino, omesse da altri, solo al fine di rendere un’informazione quanto più completa ai nostri lettori e a quelli di “Sud” che si sono visti pubblicare un “riassunto” incompleto di un atto giudiziario. Quando si parla d’informazione non ci possono e debbono essere zone d’ombra. Se si dice “pubblichiamo tutte le carte”, tutte le carte debbono essere pubblicate, altrimenti ai lettori mancherà sempre qualcosa.
Link suggeriti:
Leggi le dichiarazioni del pentito
“Sud”, Fiumefreddo, Di Rosa e Indovina: è veramente libera informazione? Leggi il pezzo di ienesicule
Visualizza la visura camerale delle società Giocabingo e CMT S.rl.
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