Teatro “Bellini”: una fondazione panacea di tutti i mali?

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La crisi finanziaria che aleggiava sul Teatro Massimo Bellini, sembra essere scongiurata, così come si evince dall’esito dell’incontro tra le organizzazioni sindacali del Teatro e il Presidente della Regione, l’assessore regionale al  bilancio Armao e il sindaco di Catania Pogliese.

Nel corso dell’incontro sono state esaminate le problematiche che affliggono la vita del teatro, che recentemente si sono aggravate in funzione dei puntuali tagli finanziari che di anno in anno hanno ridotto i  relativi budget, causando una incertezza con la quale  un teatro non può programmare le future attività e le strategie occupazionali.

Il presidente Musumeci ha rassicurato in merito alla volontà di  supportare il Bellini di Catania, anzi di volere contribuire al suo rilancio, ponendo nel contempo la necessità di rivedere lo status giuridico dell’Ente Autonomo Regionale con la trasformazione in Fondazione.

Segnaliamo che questa “panacea” per i teatri lirici italiani fu introdotta  anni  fa  con risultati non entusiasmanti, eccezion fatta per il Teatro alla Scala di Milano per il quale principalmente fu ideata.

La Fondazione esemplificando altro non è che un consorzio al quale  partecipano lo Stato (nel caso del Bellini la Regione), il Comune, la Provincia e i privati. Questo cambiamento di stato giuridico traghetta i Teatri da Enti pubblici a Enti privati e quindi le norme finanziarie e giuridiche.

La nostra perplessità  scaturisce dal fatto che applicando detta trasformazione ci troveremmo in presenza di due soci Comune e Provincia in default e con la nebulosa “provincia” i cui connotati in Sicilia non sono del tutto chiari e quindi con quali possibili apporti finanziari?  In questa fase pari a zero euro.

Altro tema riguarda la partecipazione dei privati, esistono in Sicilia queste entità finanziarie di una certa rilevanza pronte a partecipare? Lo speriamo, ma ne dubitiamo. Non casualmente sopra citavamo il Teatro alla Scala di Milano al quale questo nuovo status si attaglia bene, perchè opera in un territorio regione, comune,provincia e privati  con notevoli  mezzi finanziari.

Sarebbe una mossa vincente fare uscire il  Teatro etneo dalla serie b -Teatri di tradizione alla serie A Teatri Nazionali, in quanto da tempi immemorabili ne possiede i requisti tarpati dalla riforma Corona del 1967, ma per questa ardua battaglia bisognerebbe aprire un tavolo con il governo romano del “cambiamento”……….provare per credere!               

Il fantasma dell’opera.

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Benanti

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