Fonti accreditate nella destra catanese narrano che le dimissioni del sindaco-sospeso giungeranno prima del 9 giugno, che è la data fissata per la prima udienza del processo pendente presso la Corte d’Appello Sezione Penale di Palermo. Udienza in cui Pogliese vorrà presentarsi da semplice cittadino-imputato (e sarebbe la cosa migliore del suo mandato).
Dicono che sia stata Giorgia Meloni a chiedere la cortesia che le tanto desiderate dimissioni di Pogliese avvengano il più tardi possibile, onde così non ingolfare il tavolo delle trattative che sta facendo impazzire il centro-destra siculo. Palermo e Messina infatti, che andranno al voto in giugno, sono ben lontane da una sintesi ed ancora la ricandidatura di Musumeci non pare accettata all’unanimità dei commensali.
Povero Pogliese, come non rispettare il consiglio/ordine ricevuto dalla Meloni, proprio da colei a cui spetterà la decisione se inserire il suo nome nelle liste bloccate al parlamento italiano?
Meglio assecondare la Meloni, che un futuro glielo consentirebbe, anziché liberare la città di Catania da una impasse che nulla in cambio potrà offrire.
Quanto scritto sarà vero? Solo il tempo ci darà la prova se quanto appena raccontato corrisponda a verità o se invece trattasi di una ingenua bugia.
E se così fosse? Sarebbe finalmente svelato l’arcano: posticipando le dimissioni di sindaco, Catania andrà al voto nell’anno 2023, con buona pace di tutti i catanesi che nel frattempo osservano il “facere” dei suoi assessori su Canale 5 a “Striscia la Notizia”, ove si bacchetta i nostri giovani amministratori di trattare i senza tetto alla stregua di rifiuti solidi urbani.
Purtroppo, spiace rilevare – qualora il sindaco-sospeso si dimetterà – che nei ragionamenti dei moderni e presunti leaders nazionali e locali, continuino a prevalere le logiche spartitorie e le loro egoistiche strategie, anziché il bene comune e gli interessi diffusi che una pubblica amministrazione non dovrebbe mai rinunciare a rappresentare e perseguire.
Posticipare di un anno la data delle prossime comunali ci porterà in dote il commissariamento della città, l’azzeramento della giunta municipale e il licenziamento di 36 consiglieri comunali, che nel bene o nel male, comunque garantivano agli uffici amministrativi una preziosa fonte di conoscenza circa le quotidiane problematiche che in una città così vasta è impossibile conoscere seduti dal proprio ufficio.
L’Italia non andrà al mondiale, Catania non andrà subito al voto.
In entrambe militano uomini che giustamente non hanno meritato il successo.
Piero Lipera
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