Nessuna obbligatorietà per le richieste di compensazione pecuniaria. Ma per i consumatori la causa non può essere la priorità
Arriva una novità in materia di trasporto aereo e conciliazione. La recente sentenza del Tar Piemonte, che ha annullato parzialmente la delibera n. 21 del 2023 dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art), è certamente un fatto positivo, perché stabilisce che quando si tratta di compensazione pecuniaria, stabilita dal Regolamento comunitario 261/2004, il passeggero non ha l’obbligo di esperire il tentativo di conciliazione previsto dalla legge.
UN DIRITTO IRRINUNCIABILE–Ricordiamo che la compensazione pecuniaria è l’indennizzo che spetta al passeggero in caso di ritardo prolungato, cancellazione o negato imbarco (come l’overbooking), e viene stabilita in maniera fissa in base alla distanza chilometrica del volo che ha subìto il disservizio: 250 euro per voli fino a 1.500km, 400 euro per voli da 1.500km a 3.500km, 600 euro per voli superiori a 3.500km e comunque intercontinentali. Ebbene, il Tar ha chiarito che queste sono delle somme che sono predeterminate forfettariamente dal Regolamento comunitario, sono indennizzi che spettano in automatico al verificarsi dell’evento, e quindi non possono essere oggetto di trattativa e di mediazione. Ne consegue che non possono essere oggetto di conciliazione, perché non c’è nulla da conciliare. Il Tar ha richiamato infatti lo stesso Regolamento comunitario, nella parte in cui stabilisce che i diritti previsti dal Regolamento sono irrinunciabili, e qualora il passeggero abbia avuto un risarcimento di entità minore può certamente far causa alla compagnia per avere l’integrazione della compensazione pecuniaria.Si tratta dunque di un chiarimento dal valore positivo, dopo le novità legislative che avevano stabilito l’obbligatorietà della conciliazione su tutta la materia del trasporto e dunque anche del trasporto aereo. È bene avere presente a questo punto che tutto ciò che non rientra nel perimetro della compensazione pecuniaria dovrà essere comunque oggetto di conciliazione. Vale ad esempio per il risarcimento supplementare ex articolo 12del Regolamento: non essendo una somma predeterminata ma una somma che il passeggero chiede in base al danno patrimoniale e non patrimoniale subìto– da provare nella sua quantificazione– è chiaro che non possa sottostare allo stesso principio.
UN’OPPORTUNITÀ DI CONFRONTO–Questa importante novità offre lo spunto per una riflessione sulla conciliazione. Se la si guarda dal punto di vista dell’obbligatorietà per legge, è un laccio e lacciuolo di cui il consumatore farebbe di certo a meno. Ma se la si considera invece dal punto di vista di quella che è stata storicamente la conciliazione, per le associazioni dei consumatori, occorre dire che è sempre stata un’opportunità per evitare le cause. È stata un’opportunità di confronto con le aziende, per pervenire a una composizione bonaria, ed è stata la possibilità per il consumatore di accedere a una definizione senza sostenere i costi di una causa.“Fermo restando l’importante provvedimento del Tar, riteniamo che come associazione dei consumatori– e lo faremo, per la nostra parte – la conciliazione debba essere perseguita, perché è sempre un’opportunità di confronto e di possibile definizione, a prescindere dal giudizio, che spesso oltre aessere costoso è abbastanza lungo e incerto”, affermano Marco Festelli, presidente di Confconsumatori, e Carmelo Calì, vicepresidente e responsabile Trasporti e turismo di Confconsumatori. “Per questo riteniamo che la conciliazione, da obbligo, debba essere interpretata (come è sempre stato) come un’opportunità per il consumatore”.Il provvedimento parla poi della difficoltà che avrebbe il singolo consumatore ad accedere alla procedura perché dovrebbe avere lo Spid o la carta di identità elettronica, e che questa modalità potrebbecostituire un ostacolo che lo costringe a rivolgersi a un legale: questo può essere senza dubbio vero, ma è vero anche che ormai viviamo in una realtà fortemente digitalizzata, e in tutti gli altri settori i consumatori hanno dimostrato di poter accedere alle procedure di conciliazione digitale previste a prescindere da un legale e dalle associazioni dei consumatori, e autonomamente. Prosegue dunque Calì: “La questione resta aperta; per noi è un’opportunità che mettiamo al servizio dei consumatori, i quali potranno sfruttarla anche autonomamente, fermo restando che il giudizio diventa la strada unica quando l’azienda piuttosto che dialogare decide di assumere una posizione di totale chiusura. Questo purtroppo è accaduto e accade anche nel trasporto aereo. La finalità delle associazioni non è quella di fare delle cause ma, se le aziende ritengono di essere sorde anche nelle procedure di conciliazione, saremo al fianco dei consumatori anche nelle aule giudiziarie direttamente, e senza conciliazione”.
UNA NUOVA FASE– Infine, un’ultima considerazione rispetto alla procedura messa in atto dall’Art, che ha mostrato degli elementi positivi, ma anche delle criticità: ci si riferisce ad esempio al fatto che non è previsto un incontro in presenza tra il conciliatore, il rappresentante del consumatore e il rappresentante dell’azienda. Molte volte la procedura ha mostrato il limite di un approccio formale, cartaceo soltanto, in mancanza di quel confronto che spesso nelle conciliazioni consente la definizione. “Noi – concludono Festelli e Calì –siamo convinti che forse questa sentenza potrebbe essere utile a far sì che si possa ritenere chiusa la prima fase di applicazione della conciliazione dinnanzi all’Art, e che se ne possa aprire una seconda, magari con delle innovazioni e degli aggiustamenti, in modo che diventi sempre più una vera opportunità per i consumatori”.
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