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Un suo ritardo provocò la scarcerazione di nove presunti mafiosi. Oggi alcuni avvocati catanesi hanno lanciato una raccolta firme in favore del giudice
Pubblicato il 14 Ottobre 2011
Nei giorni scorsi il suo nome è finito su tutti i media nazionali perché, a causa di un suo ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza, nove presunti appartenenti alla cosca Scalisi, collegata al potente clan Laudani, sono stati scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare in carcere.
Oggi alcuni avvocati penalisti di Catania hanno lanciato una singolare raccolta firme in favore del dott. Alfredo Gari, presidente aggiunto dell’Ufficio Gip di Catania, che, al momento della scarcerazione dei malavitosi, si era giustificato sottolineando l’enorme mole di lavoro che incombe sull’organo nonostante la carenza di personale.
In poche ore le sottoscrizioni apposte sul documento promosso dagli avvocati erano già un centinaio, segnale del fatto che il magistrato è molto stimato tra gli operatori del Palazzo di Giustizia, specie perché in tanti anni di onorata carriera non ha mai riportato una macchia.
Ecco cosa scrivono ilegali nel documento sottoposto ai colleghi:
“I sottoscritti penalisti del Foro di Catania in merito alle sterili ed esagerate polemiche sorte a causa della scarcerazione per decorrenza dei termini di alcuni detenuti, peraltro del tutto immotivate atteso che le scarcerazioni per decorrenza dei termini sono frequenti e, comunque, provocate da una crisi del sistema processuale e non certo dalle responsabilità personali dei singoli giudici, esprimono la loro piena solidarietà al Dott. Alfredo Gari, Presidente Aggiunto dell’Ufficio GIP di Catania, confermando la stima per le Sue doti di umanità, equilibrio e terzietà apprezzate nel corso di lunghi anni di irreprensibile carriera che hanno onorato l’Ordine Giudiziario”.
Lo ricordiamo, per dovere di cronaca, che a beneficiare delle disfunzioni sono stati il 34enne Francesco Coco, di Biancavilla, al quale restavano da scontare 8 anni e 8 mesi per mafia, furto, estorsione e incendio, considerato il giovane “in carriera” del gruppo nonché l’aspirante nuovo capo. Poi Antonio Scarvaglieri (residuo pena: 3 anni e 4 mesi per mafia e detenzione d’armi); Carmela Scalisi (3 anni e 4 mesi per mafia), considerata la portavoce del figlio Giuseppe Scarvaglieri, che si trovava già ai domiciliari per motivi di salute; Roberto Zitello (7 anni e 4 mesi per mafia), Pietro Severino (5 anni e 4 mesi per mafia), Giuseppe Santangelo (3 anni 4 mesi per mafia), Giuseppe Chiaramonte (4 anni e 4 mesi per mafia), Antonino Sanfilippo (3 anni e 10 mesi, per mafia e armi) e Salvatore Chiaramonte (3 anni e 10 mesi per mafia e armi). Altre quattro persone del gruppo erano già state scarcerate in precedenza con varie motivazioni mentre il capofamiglia Giuseppe Scarvaglieri si trova oramai all’ergastolo.
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