di Carlo Majorana Gravina

Anni fa, c’era la prima repubblica, Ciriaco De Mita si accingeva a conquistare la segreteria nazionale del suo partito con una maggioranza bulgara. Da fine politico, capì che quello che poteva venire considerato uno straordinario successo sarebbe stato una trappola mortale, poiché conosceva bene tassello per tassello, persona per persona, i sodali della balena bianca. Fu così che negli ultimi giorni di quel congresso si impegnò a perdere pezzi di consenso per avere le mani libere e guidare il partito secondo il suo sentire e vedere.

L’attuale presidente del consiglio dei ministri italiano, e l’attuale governo italiano, confrontati con la finezza e intelligenza politica di De Mita, fanno vedere chiaramente quanto sia stata grossolana e maldestra l’operazione che ha messo Mario Draghi primus inter pares, tra una pletora di ministri. A Roma si dice ‘na pecionata.

Dipinto come l’uomo del destino, il primo della classe, il novello Atlante che regge sulle spalle il mondo, Draghi si è prestato (chi glielo ha fatto fare almeno? se non si vuol dare credito alle malelingue) a pilotare un’operazione fallita già in partenza: con 63 tra ministri, viceministri e sottosegretari espressi da una maggioranza tutt’altro che coesa mette a nudo un disegno perfido da molti attribuito al Presidente della Repubblica. Tutto purché resti sospesa la democrazia in Italia.

È evidente che Draghi vuole e deve fare da solo, perché gli è stato chiesto e lui ha accettato, condividendo il disegno criminale di dare in pasto all’opinione pubblica una parodia di democrazia mentre il lavoro serio va svolto nelle stanze segrete, lontano da occhi indiscreti: bella democrazia!

A tre mesi circa dal giuramento del governo Draghi nulla fuga il nostro sospetto. Bisogna andare ad elezioni al più presto ad ogni costo: lo vuole la Costituzione, l’Italia, la società, il buonsenso.

 

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