di iena marco pitrella (col concorso morale di marco benanti)
Quel che è peggio è che durante la seduta di laurea di venerdì scorso, è stato Salvatore Massimo Oliveri, professore ordinario al dipartimento di ingegneria industriale, a far la “discussione” sull’indagine “Università Bandita”.
A un preferibile stare zitto, il professore, ha preferito proferir parola: “non sarebbe dignitoso se io facessi finta di non sapere”.
Ne ha avute per tutti, Oliveri.
Ne ha avute per Carmelo Zuccaro, il procuratore: “nessuno – ha detto il professore –, neanche il procuratore della Repubblica può permettersi di usare nei confronti del nostro prestigioso ateneo gli aggettivi che ha utilizzatocome il titolo dell’inchiesta “bandita”… “verminaio”… “cupola mafiosa”.
Dunque, è questione di aggettivi per il professore.
Del resto, sono ottanta gli indagati e di atenei coinvolti ce n’è più d’uno, non solo il “nostro”. Nel rispetto della presunzione di innocenza, sono emerse baronie e familismo su cui ci sarebbe tanto da riflettere; come se non si sapesse e mai nessuno ha fatto niente. Cosa doveva accadere, domanda che va domandata, perché si suscitasse un po’ di indignazione?
E ne ha avute per la stampa, Oliveri, “la stampa locale” – ha tenuto a specificare – “che ha amplificato – per l’appunto – gli aggettivi negativi dimostrando ancora una volta il basso livello culturale”.
Non solo ma – ha aggiunto – “dando anche informazioni sbagliate”, il generico J’accuse: sia più chiaro, il professore, e meno “chiarissimo”; del resto, fosse vero, sarebbe un reato.
“Non si tratta così un’università prestigiosa – ha proseguito – così si insultano 1400 docenti e 40mila studenti.”
Di che stupirsi? questa è la linea. Qualche giorno dopo infatti, mercoledì – come riportato da “Sudpress” – durante uno dibattito fra i candidati a rettore, tale Antonella Lanzafame, segretaria Cisl-Unict, ha definito la stampa “non corretta”, chiamando in causa un articolo pubblicato su “La Sicilia” a firma di Barresi, Mario il maestro di stile, e invitando proprio i candidati a “prendere le distanze dalla stampa, noi (l’ateneo, ndr) siamo – addirittura – ostaggio della stampa e chiedo al futuro rettore di governare quelle informazioni che spesso e volentieri ledono la nostra immagine”.
Con quale faccia? viene da chiedere.
Certo, se per non “ledere l’immagine dell’ateneo” si prendesse a esempio il linguaggio dei docenti, magari quello intercettato…
Ma è di Oliveri che qui si vuol parlare, perché è nel finale che il professore supera sé stesso: “non permetteremo a nessuno di infangare la nostra università”.
Ecco, “infangare”: pensassero, piuttosto, a ragionare su quel che sta accadendo.
Però, l’ha detto, “non siamo qui né per condannare e né tantomeno per assolvere, la magistratura farà il suo corso”: non si dica, quindi, che il chiarissimo professore Salvatore Massimo Oliveri, ordinario al dipartimento di ingegneria industriale, non ne abbia avuto di rispetto.
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