di iena marco pitrella
Catania, come è stato scritto e come è stato detto, è la città delle famiglie, e l’università certo non è da meno: è lo specchio.
Passano gli anni, cambiano i rettori, ma i cognomi restano.
Del resto, tra i delegati, quelli scelti a settembre dal rettore Francesco Priolo, quelli scelti nell’area medica, quelli che l’affiancheranno nella gestione o meglio nel governo dell’ateneo, è tutt’un tale padre e tale figlio. (Sugli ultimi delegati, nominati lunedì, considerazioni a breve).
C’è Martino Ruggeri, ordinario di pediatria, figlio di Giuseppe Ruggeri, ordinario di reumatologia e c’è Giovanni Li Volti, ordinario di Biochimica, figlio di Totò Li Volti, associato di pediatria.
In città è dunque regola culturale ed è regola strutturale questa dei cognomi sempre uguali. Un inciso è d’obbligo: fuor di ironia, nulla da dire o da ridire sulla competenza, sulle capacità e sulla professionalità dei citati… sopra e sotto.
Che dire, infatti, dei restanti delegati, sempre di area medica, dove il tale padre e tale figlio, è ancor più tale e quale: c’è Riccardo Polosa, ordinario di medicina, tale e quale al padre, Pietro, anch’egli ordinario di medicina e c’è Pierfrancesco Veroux, ordinario di chirurgia, tale e quale al padre Gastone, anch’egli ordinario di chirurgia.
C’è Vincenzo Di Benedetto, ordinario di chirurgia pediatrica, tale e quale al padre, Aurelio, anch’egli ordinario di chirurgia pediatrica e c’è Antonio Cianci, ordinario di clinica ostetrica, tale e quale al padre, Salvatore, anch’egli ordinario di clinica ostetrica.
C’è un però…
Fra i delegati ce n’è che uno che al padre non è tale e non è quale: Carlo Vancheri, almeno uno va.
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