di Fabio Cantarella
La Terza sezione penale della Corte d’Appello di Catania ha rigettato la richiesta di revisione dei processi relativi alla “Strage di via D’Amelio”, nella quale furono assassinati il Giudice Paolo Borsellino e cinque uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Si tratta di una richiesta avanzata, lo scorso 13 ottobre, dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, alla luce delle nuove prove acquisite a seguito delle rivelazioni fornite dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. La Corte ha, invece, accolto l’altra istanza avanzata dal Pg di Caltanissetta ovvero la sospensione dell’esecuzione delle pene inflitte a seguito delle sentenze emesse nei processi “Borsellino Uno” e “Borsellino Bis”.
Secondo l’ordinanza emessa dai magistrati della Terza Sezione penale, presidente Carolina Tafuri e consiglieri Rosa Anna Castagnola e Giuseppe Tigano, in virtù di un principio pacifico affermato in materia, non sarà possibile procedere alla revisione dei due processi sino a quando non saranno accertate in giudizio le responsabilità di quei pentiti che, a suo tempo, resero dichiarazioni non veritiere che portarono all’emissione delle due sentenze passate in giudicato. Si tratta dei collaboratori Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino (le dichiarazioni di quest’ultimo vennero confermate anche dal pentito Francesco Andriotta) che si autoaccusarono della partecipazione alla strage. Pentiti sconfessati, per l’appunto, dal più recente collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, le cui rivelazioni, rese a partire dal 26 giugno 2008 presso le Procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze, hanno trovato riscontro nel duro lavoro portato avanti nei tre anni successivi dalla Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta. E c’è da aggiungere che col tempo sia Candura che Andriotta e Scarantino hanno pensato bene di ritrattare quanto dichiarato in precedenza agli investigatori.
“Pertanto – ha deliberato la Corte d’Appello Etnea – se la prova sopravvenuta d’innocenza dipende dall’accertamento della responsabilità di terzi in ordine agli stessi fatti per i quali è intervenuta la condanna irrevocabile, accertamento che, come precisato non può essere effettuato incidentalmente nel processo di revisione, ma soltanto nella sua sede propria, ne consegue l’inammissibilità, allo stato, della richiesta in esame“. Principio giuridico affermato dalla Suprema Corte di Cassazione Penale, Sezione I, con la sentenza 30 giugno 2004 n. 36147.
In particolare Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino si attribuirono le responsabilità penali relative all’occultamento, alla sostituzione delle targhe, all’imbottitura con esplosivo e al trasporto in prossimità del luogo prescelto dell’autovettura Fiat 126 usata per compiere l’attentato. Dichiarazioni incompatibili con la nuova ricostruzione dei fatti, riscontrata dalla DDA di Caltanissetta e acclarata dalle ritrattazioni degli stessi pentiti, eseguita dal collaboratore Gaspare Spatuzza che si è attribuito la responsabilità, insieme ad altri appartenenti a “cosa nostra” (alcuni dei quali addirittura sino a questo momento rimasti estranei ai processi) del furto della Fiat 126 e delle attività successive per la predisposizione come “auto-bomba”.
La Corte d’Appello di Catania, come abbiamo anticipato, ha invece accolto la richiesta di sospensione di esecuzione delle pene detentive inflitte con le sentenze “Borsellino Uno” e “Borsellino bis”. Per i magistrati catanesi “La sospensione dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 635 c.p.p., in pendenza di procedimento di revisione, costituisce istituto di carattere eccezionale, in quanto derogatorio al principio dell’obbligatorietà dell’esecuzione, e presuppone l’esistenza di situazioni in cui appaia verosimile l’accoglimento della domanda di revisione e la conseguente revoca della condanna (così ex plurimus Cass. Pen. sez. fer. 20 agosto 2004 n. 35744)”. La Corte, infine, aggiunge “Ed invero, nella specie non è revocabile in dubbio che la sopravvenienza degli elementi di prova, siccome indicati nella richiesta del P.G., e la loro correlazione in termini di incompatibilità (in tutto o in parte) con le acquisizioni processuali fondanti le sentenze di condanna relative ai processi “Borsellino uno” e “Borsellino bis”, valgono a profilare la probabilità di errore giudiziario, i cui effetti negativi sulla libertà personale dei condannati vanno allo stato immediatamente sospesi”.
Per tali motivi la Corte d’Appello di Catania, ai sensi degli artt. 630-633-635 c.p.p., ha ordinato la sospensione della esecuzione della pena dell’ergastolo inflitta con sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta in data 18.03.2002 (divenuta irrevocabile il 03.07.2003) nei confronti di Natale Gambino, 53 anni, Giuseppe La Mattina, 50 anni, Giuseppe Urso, 52 anni, Cosimo Vernengo, 47 anni, Gaetano Murana, 53 anni, Gaetano Scotto, 59 anni, e, con sentenza della Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, resa in data 23.01.1999 (divenuta irrevocabile in data 18.12.2000) nei confronti di Salvatore Profeta, 66 anni. Ha ordinato, ancora, la sospensione della esecuzione della pena della reclusione di anni diciotto inflitta nei confronti di Vincenzo Scarantino, 46 anni, con sentenza emessa dalla Corte di Assise di Caltanissetta in data 27.01.1996 (divenuta irrevocabile l’11.12.1996).
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