di iena marco pitrella
Di Villari, ANGELO, quella di «traditore» è la meglio definizione.
S’è assistito a cose che noi «umani troppo umani» non avremmo mai potuto immaginare, non fosse altro che non s’era mai visto nell’intera storia repubblicana, un segretario di federazione, perché tale era Villari, ANGELO, segretario provinciale del Partito democratico, andarsi a candidare di «notte e notte» in tutt’altro schieramento, non fosse altro, ancora, per le pernacchie e i calci in culo che avrebbe preso dai compagni e dalle compagne d’ogni sezione.
Uno schieramento che somiglia paro, paro, a chi l’ha fondato: Cateno De Luca.
Uno schieramento che dal violento sicilianismo è intriso, degno de la peggio Sicilia: è «sguaiato» De Luca, lo dimostrano i video che circolano sul web, dove il volgare sproloquio contro giornalisti, uno su tutti Giacinto Pipitone, a cui va la mia solidarietà, e contro avversarsi politici, è la norma e mai l’eccezione.
Vedi i suoi video e capisci De Luca, «Sua altezza» Catenello da Messina
E Villari, ANGELO, alla corte di «Sua Altezza» ci sta perfetto.
Alla corte di Catenello, nel girone dei riciclati.
Tutti i riciclati di Sicilia a sostegno di «Sua altezza», combattenti, reduci … e cosiddetti «impresentabili».
Caterina Chinnici una condizione aveva dettato: nessun candidato indagato, rinviato a giudizio e men che meno condannato; a torto o a ragione, così era e così doveva essere.
Manco a parlarne di non essere candidato, lui, Villari, ANGELO, sotto processo per fatti che con il bilancio del comune di Catania hanno a che fare.
Manco a parlarne di non essere candidato, lui, Villari, ANGELO, apparso, seppur non indagato, nelle intercettazioni di Fabio Frisina, «Operazione Malupassu».
Preferisce fare la vittima, Villari, ANGELO: «Sono stato appeso a un filo per giorni – il tenore del comunicato d’addio al partito democratico – a fronte di un banale pretesto senza fondamento giuridico».
Ancora una volta, l’ennesima, nemmeno mezza parola sul suo processo e nemmeno mezza parola su tutto il resto.
È opportunità politica, bellezza!
Ora, un dirigente degno di questo nome, avrebbe preso atto della volontà del candidato «suo» (le virgolette sono d’obbligo) alla presidenza della Regione; fatto un passo indietro (e cento avanti al partito) e aperto la lista ad altri iscritti, giovani, sindaci uscenti e riconfermati, invece è tutt’un «io, io, io», cosa che, quasi, quasi, manco Concettina.
Ora, un dirigente degno di questo nome … vabbè, di Villari, ANGELO, si sta parlando, uno che fino a qualche anno fa per questa testata era Angelo, «l’incompiuta».
Intervistato da «LiveSicilia», Villari, ANGELO, ha avuto il coraggio di dichiarare che «hanno fatto di tutto per escludermi dal partito democratico», e la stoccata è tutta per Anthony Barbagallo, «un bugiardo seriale».
Di «seriale» c’è solo il «tradimento» di Villari, ANGELO.
In fondo, in una competizione elettorale con le preferenze, qual è quella delle elezioni regionali, una candidatura non si nega ad alcuno, e Barbagallo, il più democristiano fra i democristiani, la candidatura l’avrebbe negata proprio a Villari, ANGELO?
La condizione, va ribadito, a torto o a ragione, dalla Chinnici era stata dettata.
«Hanno più volte tentato di macchiare la mia immagine, l’immagine di una storia», ha sottolineato Villari, ANGELO.
«L’immagine di una storia», e che storia la sua.
Dirigente di «alto profilo» della Cgil: da segretario provinciale ha ridotto politicamente il sindacato a uso e consumo da «A famigghia».
Lo stesso Alfio Mannino, che della Cgil è il segretario regionale, non a caso, su «Ienesicule» non ha esitato a etichettarla come «personale e incomprensibile».
Assessore di «alto profilo» al comune di Catania: è sotto processo, l’abbiamo detto.
Dirigente di «alto profilo» del partito democratico: è stato eletto segretario provinciale «da remoto», in piena pandemia, e il partito democratico di voti ne ha ben pochi.
Altro che storia, è la fama a precederlo.
Perciò non c’è da stupirsi se Villari, ANGELO, uno appunto di così «alto profilo» sia alla corte di «Sua altezza» Catenello da Messina: a quelle «altezze» ci si intende.
Certo, una domanda a Villari, ANGELO, va domandata: mpare, ma unni a puttasti «A Famigghia»? Puttasti a Concettina, una ormai abituata alla mondanità della location di Taomoda week a Taormina, tra «amici, momenti magici e instanti di inattesa felicità … » (vedi il tag su facebook), alla corte di Catenello da Messina?
E ci puttasti a Giacomino? va bene, va bene, è vero, Giacomino va a traino.
Ma, dicevamo, è «seriale» il tradimento; parte da lontano e comincia dalle primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Regione del cosiddetto campo largo, Pd, M5S e i «Cento Passi» di Claudio Fava, quando di voti a sostegno della Chinnici non ne sono spuntati a Catania, arrivata addirittura terza, ferma a 324 preferenze, dietro Barbara Floridia, con 355 voti e dietro i 451 voti di Fava.
Già il solo fatto d’aver conseguito un risultato come questo, avrebbe dovuto far saltare Villari, ANGELO.
Caterina Chinnici forse non doveva vincerle le primarie?
Lo dicono i numeri a Catania e lo dicono i numeri a Enna, dove i voti che separano Fava dalla Chinnici sono appena 7, 156 a 149, e 39 i voti per la Floridia.
Lo dicono i numeri a Caltagirone dove a vincere è la Floridia con 191 voti e Fava batte la Chinnici, 78 a 41; insomma lo dicono i numeri della via della Seta (Enna – Caltagirone – Catania), ma lo dicono i numeri anche a Caltanissetta, città di Giuseppe Provenzano, vice segretario nazionale, che solo 59 voti ha portato alla Chinnici, con Fava a 144 voti e la Floridia a 208.
La Chinnici non doveva vincere, e lo smacco o lo scacco era per Enrico Letta?
Il ragionamento è questo: se avesse vinto la Floridia, il Pd – o una parte del Pd – sarebbe ripartito da lì, magari per cercare un nuovo abbraccio, a dir poco fetale, con il M5S.
Su questo promettiamo un ulteriore approfondimento.
Lo dicono i numeri, ma se si legge tra le righe, la notizia è sembrato averla anticipata Mario Barresi su «La Sicilia», nell’articolo così titolato: «Caterina Chinnici, i silenziosi mal di pancia sulla madonnna-marziana».
A chiosa, Barresi, tirava in causa, Villari, ANGELO, e Concettina, la rediviva.
Ecco, si palesa il tradimento.
È seriale il tradimento, tanto che un’altra «Famigghia», da sempre organica a Villari, ANGELO, Concettina e Giacomino, quella dei Papale-Torrisi, stavolta a Villari, ANGELO, gli ha fatto il gesto dell’ombrello, i Papale-Torrisi, «i miglioristi» d’altri tempi, con Catenello da Messina non ci stanno.
È traditore seriale Villari, ANGELO, e il suo – come quello di Luigi Bosco – volersi candidare a qualunque prezzo e a qualunque costo è stato il pretesto – e pretesto va sottolineato – per il più grande dei tradimenti: quello di Conte, Giuseppi.
«Da una settimana c’è un impasse dovuta all’insistenza dei democratici per infilare nelle liste esponenti impresentabili. Una posizione che ha messo in imbarazzo anche Caterina Chinnici, che è stata costretta a richiamare il Pd su questo punto: chi ha procedimenti penali pendenti deve restare fuori dalle liste», era il post in cui proprio Conte, Giuseppi, annunciava la rottura fra il M5S e il Partito democratico.
Un pretesto, quindi, ma intanto il dato è questo: Caterina Chinnici non candida i cosiddetti «impresentabili» ma Conte, Giuseppi, tradisce ugualmente.
Ma pensa tu, uno come Villari, ANGELO, dall’«alto» del suo profilo il danno che ha combinato.
Nel frattempo, il M5S regalerà la vittoria al centrodestra, in Sicilia e in tutto il Paese.
Tra traditori ci si intende; dalla corte di «Sua Altezza» Catenello da Messina, Villari, ANGELO, insegna.
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