“Voto in Sicilia, l’Ars che vorremmo”. Intervista esclusiva a Vittorio Bertone candidato in una lista a sostegno di Claudio Fava


Pubblicato il 26 Settembre 2012

di Fabio CantarellaCon questa intervista a Vittorio Bertone (nella foto), candidato all’Ars con la compagine che sostiene la corsa alla Presidenza della Regione Siciliana di Claudio Fava, diamo il via ad una nuova rubrica, dal titolo eloquente “Voto in Sicilia, l’Ars che vorremmo”, all’interno della quale vi proporremo un faccia a faccia esclusivo con i candidati delle varie liste che riteniamo, a nostro giudizio, meritevoli di essere votati dai siciliani perché i loro valori rappresentano una svolta rispetto al quel modo di fare politica che abbiamo sempre aspramente criticato. In questa rubrica non troverete solo volti nuovi, come nel caso di Vittorio Bertone, ma anche volti più o meno noti che tuttavia si sono fatti apprezzare per la loro integrità morale e le loro capacità amministrative. E’ nato a Catania il 24 Novembre del 1981, a mezzogiorno in punto. I primi passi, però, Vittorio Bertone li ha mossi lontano dall’Isola, a Crema per l’esattezza, in provincia di Cremona, dove lui e la sua famiglia hanno vissuto per due anni. Una volta rientrato in Sicilia, ha intrapreso la carriera scolastica, conclusasi con la maturità classica. Nel 2007 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e nel 2009 il diploma di Specializzazione per le Professioni Legali. Oggi fa l’avvocato civilista, ma non c’è solo il diritto nella sua vita.Ai tempi dell’Università, con un gruppo di amici ha dato vita ad un webzine online, www.ilcibicida.com, ancora oggi in splendida forma, interamente dedicato al mondo della musica rock. Sempre in quel periodo, un po’ per gioco, un po’ per incoscienza, ha cominciato a bazzicare l’ambiente radiofonico, a Radio Zammù prima e a Radio Lab poi, alla cui creazione ha contribuito. Ha anche un amore smisurato per la scrittura. Ha scritto un monologo intitolato Vita alla blindata in occasione del XIX anniversario della strage di via D’Amelio ed ha nascosta in un cassetto una raccolta di racconti che spera di poter un giorno pubblicare. Alla politica è arrivato in età adulta, dopo averla per anni seguita da semplice cittadino. La sua -così ci ha detto Vittorio Bertone- è una candidatura low cost: “non vedrete nessuna mia gigantografia lungo i viali delle città né riceverete strani sms recanti la mia firma. Credo nei siciliani e nella loro voglia di riscatto”.Con lei diamo il via ad una rubrica dedicata ai volti nuovi e puliti messi in lista dai vari partiti: come nasce la sua candidatura alle regionali? Premetto che non sono mai stato iscritto ad alcun partito politico, pur avendo, come elettore di sinistra, da sempre seguito con enorme interesse gli sviluppi della politica regionale, così come di quella nazionale. Rispondendo alla sua domanda, le posso dire che la mia candidatura nasce essenzialmente dalla voglia di provare a cambiare le cose e di non stare più a guardare. La sensazione generale è quella di trovarsi davanti ad un bivio: voltare pagina o mantenere lo status quo. Io ho scelto la prima strada.Perché ha scelto Claudio Fava piuttosto che Rosario Crocetta? Ho accettato senza riserve la candidatura propostami da Claudio Fava perché il suo programma, aperto all’interazione e al contributo di ciascun siciliano, costituisce un effettivo segnale di discontinuità rispetto alle precedenti esperienze governative regionali, il cui epilogo “politico” è noto a tutti. E in tal senso l’alleanza tra UDC e PD non racconta una storia diversa.Secondo lei, un giovane volto nuovo, quante chance ha, se eletto, d’incidere sulle future scelte? Non teme che i personaggi della vecchia politica possano infiltrarsi dappertutto e condizionare l’azione di governo? La capacità d’incidere sulle future scelte non dipende soltanto dal dato anagrafico, ma presuppone l’attitudine a percepire esigenze e priorità della collettività e a saperle tradurre in atti concreti. Quanto ad un possibile “condizionamento” della vecchia politica, un segnale di cambiamento sta proprio nel non concederle ossigeno, ponendo al centro dell’azione di governo solo ed esclusivamente il bene dei siciliani.Le sue prime iniziative legislative quali potrebbero essere? Qualsiasi iniziativa legislativa non potrà prescindere dalla priorità logica del risanamento del bilancio regionale. Detto questo, delineare un disegno di legge in questa sede è alquanto complesso. Posso dirle, però, che qualora fossi eletto vorrei sottoporre al vaglio dell’Assemblea una serie di proposte volte al contrasto della disoccupazione giovanile (soprattutto quella post-universitaria) ed allo smantellamento del concetto di precariato come condizione di fatto. Fare ciò significa abituarsi all’idea che senza stabilità nel lavoro, contrariamente a quanto qualcuno vuole farci credere, non si va da nessuna parte. D’accordo con i tirocini formativi e gli stages semestrali, ma occorre fare qualcosa di più: un investimento che non sia solamente economico, ma anche, e soprattutto, di fiducia. Fiducia nei confronti di un’intera generazione, ingiustamente espropriata del suo futuro, che per troppo tempo si è vista sbattere le porte in faccia, rassegnandosi all’idea che l’unica possibilità di realizzazione fosse fare le valigie. Io credo che se si ripartisse dai giovani, dalle loro proposte e dai loro progetti, puntando sui settori della cultura e del turismo, la Sicilia potrebbe seriamente rimettersi in piedi. E se funzionassero finalmente cultura e turismo, si potrebbe finalmente inaugurare un tavolo tecnico finalizzato ad una riorganizzazione dei servizi di trasporto (in termini di qualità, prezzi e competitività) e alla realizzazione, senza sprechi ed in tempi ragionevoli, di una serie di infrastrutture degne di questo nome. E questo solo per iniziare. Non dimentichiamoci che c’è un intero sistema sanitario da rivoluzionare: i siciliani pagano ticket carissimi, tra i più alti d’Italia…Cosa non le piace della macchina amministrativa regionale? Micciché sostiene che la burocrazia e i dirigenti regionali soffochino tutto: che ne pensa? Micciché vuole più controlli e meno burocrazia. Eppure in un procedimento amministrativo la burocrazia o meglio, i cosiddetti passaggi burocratici – ovviamente, nell’ipotesi in cui questi non si traducano in una inutile perdita di tempo – sono di per sé sinonimi di verifica. Che impatto potrebbe avere, cito a titolo di esempio, il superamento del concetto di “autorizzazione” nell’ambito del settore dell’edilizia rispetto all’ambiente? I numeri dell’abusivismo parlano chiaro. E poi in che fase dovrebbe operare questo “controllo”? Io piuttosto mi preoccuperei di offrire ai siciliani una macchina amministrativa più veloce ed efficace, che sappia sfruttare al meglio gli strumenti che l’informatizzazione offre e che al contempo venga incontro alle esigenze più immediate: meno file, orari più flessibili ed una maggiore assistenza nei confronti delle fasce più deboli. Per fare ciò è necessario ristrutturare l’organigramma di ogni singola pubblica amministrazione e procedere ad una ridistribuzione razionale del personale a seconda dei carichi di lavoro.Se dovesse convincermi a votarla che motivazione metterebbe sul tavolo? Sono dell’idea che esprimere la propria preferenza sia una cosa piuttosto seria. Io non vendo un prodotto e non credo che sia possibile convincere chicchessia in una manciata di secondi o in poche righe. È necessario che venga annullato qualsiasi filtro tra candidato ed elettore, in nome di un’appartenenza comune. Chi vota deve fidarsi della persona che sceglie, essere sicuro che questi sia in grado di rappresentarlo e, soprattutto, che ne sia degno. In campagna elettorale tutto sembra stranamente possibile: qualsiasi problema è risolvibile e la colpa è sempre degli altri. A mio avviso, prima ancora di convincerle, le persone vanno ascoltate e con la dovuta attenzione. Me ne accorgo giorno dopo giorno. I siciliani pretendono risposte ed in tempi brevi. Di venditori ambulanti di promesse non sanno più che cosa farsene. Non bisogna credere di essere i migliori, ma di essere in grado di poter fare cose migliori.C’è un deputato che ha apprezzato nella precedente legislatura? Perché? E un atto? Spero da cittadino – ancor prima che da candidato – di poterne trovare, di entrambe le categorie, più di uno nella prossima legislatura.I siciliani si lamentano spesso dei propri rappresentanti politici, ma tanti appena ricevono una promessa eccoli li a votare anche per diavolo: vero? Perché secondo lei? Dopo i fatti di “Tangentopoli” e le inchieste giudiziarie che ne sono derivate, si auspicava fortemente che la politica, soprattutto in Sicilia, dove alligna un male endemico come la mafia, potesse cambiar pelle. Purtroppo, tale rinnovamento, che si sperava fosse innanzitutto culturale, si è realizzato solo in minima parte.Il siciliano a scuola? Sì o no? E perché? Posto che la Sicilia vanta uno dei più bassi tassi di scolarizzazione, sarebbe più opportuno puntare sulla conoscenza delle lingue straniere, in un’ottica di apertura che guardi sia al presente che al futuro.Meglio il politico di professione o il professionista prestato alla politica? Preferisco una terza opzione: quella del politico a tempo determinato, che non faccia della politica un mestiere.Agricoltura, artigianato, medie e piccole imprese: di loro non interessa più niente quasi a nessuno, ma si può rilanciarle? Come? Sulla questione mi piace fare riferimento alle soluzioni formulate da Claudio Fava all’interno del suo programma: direzionare l’offerta verso i mercati locali e puntare, con riferimento all’eccellenze, a quelli nazionali, comunitari ed internazionali; sviluppare un marchio regionale posto a tutela dei prodotti siciliani rispetto al sempre più presente fenomeno della contraffazione; favorire la nascita di strutture associative, affinché vengano ridotti i costi di produzione. Qualche riflessione, inoltre, andrebbe poi spesa sull’altissima concentrazione dei centri commerciali in Sicilia e sul loro inevitabile incidere sulla sopravvivenza dei piccoli esercizi commerciali.Ultima domanda: perché il nostro Statuto speciale alla fine è risultato meno speciale di uno statuto ordinario? A mio avviso, lo Statuto è diventato una sorte di grande paravento, dall’indubbio fascino elettorale, dietro il quale per troppo ci si è nascosti, imputando alla sua non corretta applicazione, piuttosto che a certe politiche letteralmente fallimentari, il mancato conseguimento di obiettivi basilari. Tornando alla sua domanda, suggerirei ai lettori-elettori di dare un’occhiata ad alcune pronunce della Corte Costituzionale, cui va dato il merito di aver chiarito la reale portata delle disposizioni relative al sistema di riparto del gettito tributario tra Stato e Regione.


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