Voto in Sicilia. Un solo turno elettorale non basta. Ci vuole una nuova legge contro le “manovre di palazzo”…


Pubblicato il 30 Ottobre 2012

di Fernando M. AdoniaPer favore, cambiate questa legge elettorale. É impensabile che in un solo turno, e con un’ affluenza così bassa, si possa credere che i siciliani abbiano fatto una scelta ponderata. Neanche un cittadino su due è andato al voto. Numeri da brivido. E’ ovvio che con questo non si vuole screditare l’elezione a presidente della Regione di Rosario Crocetta, a cui va il nostro augurio di buon lavoro. La vittoria dell’ex sindaco di Gela è legittima al cento per cento. Si vuole ragionare invece sulle due note dolenti di questa tornata elettorale: la partecipazione e la trasparenza.Il dato sull’ astensione dovrebbe mettere in crisi tutti i leader di partito crisi, soprattutto quelli del centrodestra, visto che l’alleanza musumeciana ha perso in una terra da sempre ritenuta roccaforte, segnata da un humus culturale storicamente orientato verso il conservatorismo e la moderazione. Difficile non notare come la somma delle preferenze dei partiti del centrodestra storico, quello cioè di cinque anni fa, ha ancora oggi una maggioranza schiacciante. Come è difficile non tenere i considerazione che se Pdl e Grande Sud non fossero in diaspora, il partito di Berlusconi e Alfano sarebbe il primo partito regionale, nonostante il movimento di Beppe Grillo. Ma questa è un’altra storia, che riguarda solo una fetta dell’elettorato isolano, che in parte -come si sa- è rimasta a casa. Un eventuale secondo turno avrebbe messo in moto dei meccanismi diversi. Avrebbe in primo luogo consentito all’elettorato di conoscere in maniera più dettagliata i due candidati principali e i loro rispettivi programmi. Avrebbe permesso una maggior consapevolezza, per dirla in termini di attivismo civico. Avrebbe permesso, in soldoni, percentuali nettamente più alte.C’e anche il dato sulla trasparenza. Chi governerà, ovvero quale sarà la maggioranza all’Ars? Crocetta avrà bisogno di una stampella, e la dovrà cercare in aula. Lui ha già strizzato l’occhio ai tipi del M5S, la grande rivelazione di questa tornata. Lombardo, soddisfatto per l’elezione del figlio Toti, non ha perso tempo e si è reso disponibile ad offrire i propri la propria dote di seggi Ars al neopresidente eletto. Andasse in porto questa convergenza, si proporrebbe di nuovo lo schema che ha sostenuto la “fase ribaltonista” della presidenza Lombardo, quella cioè che ha visto governare assieme Mpa, Pd e Udc. Certo, le condizioni oggi sono diverse, almeno sotto il profilo formale. Ma la sostanza resta uguale, quella cioè che i cittadini non avrebbero avuto modo di scegliere la compagine di governo a cui affidarsi. Perché se è vero da un lato che il Presidente è eletto direttamente dai cittadini, anche con questa brutta legge; dall’altra è vero pure che la squadra di governo è fatta dalla coalizione, rispecchiando gli equilibri di Palazzo dei Normanni. Un eventuale doppio turno avrebbe messo in chiaro anche questo dettaglio, che non è affatto marginale. Avrebbe concesso, anche in questo caso, ai cittadini una maggior consapevolezza sugli esiti dell’azione amministrativa del prossimo governo e sulla sua stabilità.


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